martedì 1 settembre 2009

10. DD: luci e ombre

Sono giunto alla fine del mio percorso e credo di avere fornito indicazioni chiare su cosa sia il modello DD che ho in mente e in che cosa esso si differenzi dalla DR. Certamente, non ho la presunzione di aver affrontato i singoli temi in modo esaustivo, sia perché non ne ho le capacità, sia perché ritengo che l’argomento, per sua stessa natura, debba essere affrontato a livello collettivo. Prima di chiudere, mi limito soltanto a indicare le principali luci ed ombre del modello che ho appena descritto.

10.1 Le luci
La DD è il sistema politico pro-individuale per eccellenza e, in quanto tale, favorisce, più di ogni altro, lo sviluppo psicofisico dei cittadini, la loro libertà, la loro maturità, il loro desiderio di autonomia, la loro felicità. È un sistema che stimola al massimo grado le potenzialità, i talenti e l’apporto produttivo e creativo di ciascun cittadino, dal che dovrebbe derivare un corrispondente aumento della ricchezza prodotta. Sotto il profilo amministrativo, giurisdizionale e politico, la DD richiede poche istituzioni agili e parsimoniose, che si avvalgono della rete telematica per svolgere le proprie funzioni. Non c’è bisogno di partiti politici, né di agenzie delle entrate, né di sindacati e, possibilmente, nemmeno di eserciti, con un ingente risparmio di spesa pubblica. A ciò si deve aggiungere il recupero dell’evasione fiscale reso possibile dall’uso esclusivo della moneta elettronica. Le enormi risorse rese così disponibili verrebbero impiegate sia per mantenere i servizi e la ricerca a livelli di eccellenza, sia per contenere l’imposizione fiscale. Occorre poi ricordare che la DD è l’unico sistema in grado di concepire un Mondo unito ad un solo livello (monista) e conciliare un federalismo individualistico con un cosmopolitismo maturo, rendendo così possibili condizioni di pace stabile e una sana globalizzazione.

10.2. Le ombre
Come tutto ciò che è umano, anche la DD ha le sue ombre. Innanzitutto i costi. "Certamente i diritti fondamentali costano" (Ferrajoli 2007: 67). È tuttavia doveroso riconoscere che questo limite è, almeno in parte, solo apparente. Occorre tener conto infatti che, "se è vero che i diritti fondamentali costano, è anche vero che costano assai di più le loro violazioni e le loro inampienze" (Ferrajoli 2007: 68). E bisogna anche considerare che "tutte le libertà fondamentali sono altrettanti fattori di sviluppo e di crescita del benessere e della produzione" (Ferrajoli 2007: 69). Il che vuol dire che la DD è sì un sistema molto dispendioso, ma è anche il sistema più redditizio fra tutti quelli noti.
La bontà del sistema dipende poi dalla volontà degli individui di autogovernarsi e dalla loro maturità, che non è stabile nel tempo, ma va costantemente alimentata e sostenuta. Se gli individui non sono messi in grado di assumersi le proprie responsabilità, il sistema entra in crisi e si rischia di cadere nell’autoritarismo e nella dittatura. Si tratta, dunque, di un sistema instabile e delicato, che richiede continue cure e attenzioni.

9. I fattori della democrazia

Nel post precedente abbiamo visto che ci sono sufficienti ragioni per credere nella DD. Ne consegue che questo modello politico è fattibile e desiderabile al tempo stesso. Ma perché esso venga proficuamente attuato occorre avere conoscenza di tutti quei fattori che possono favorirlo o ostacolarlo.
Ebbene, dopo aver passato in rassegna i principali fondamenti ideologici della democrazia e descritto gli elementi strutturali del modello DD, è giunto il momento di interrogarci su chi (o cosa) possa avere ricadute (positive o negative) sulla democrazia stessa, sui fattori cioè che possono favorire o ostacolare il processo democratico, nella convinzione che solo un’adeguata conoscenza di questi fattori può consentirci di realizzare in modo soddisfacente il nostro progetto.

9.1. Fattori pro democrazia
In generale, i fattori che favoriscono la democrazia sono riconducibili a tutto ciò che promuove il singolo individuo, lo fa crescere e lo migliora, rendendolo più esperto, più capace, più maturo, più autonomo, più indipendente, più utile per sé e per gli altri. Tutto ciò che si muove nella direzione di “migliorare la capacità dei cittadini di impegnarsi in modo intelligente nella vita politica” (DAHL 2000: 197) giova alla democrazia. Tra i principali fattori pro individuo possiamo annoverare: un elevato livello economico generale e individuale, una scuola di qualità, il libero accesso all’informazione, la giustizia sociale, le religioni non dogmatiche, il relativismo, il laicismo, condizioni tecniche adeguate, assenza di una logica di potere, una classe media il più estesa possibile e un’adeguata sensibilizzazione delle masse.
Un elevato livello economico generale rende possibile l’erogazione di servizi di alta qualità, primi fra tutti l’informazione, la scuola, la ricerca e la corresponsione di un buon reddito minimo garantito (RMG).
Un adeguato livello economico individuale acquisito attraverso il lavoro libera le persone dalla preoccupazione per la sussistenza e le rende disponibili per la crescita culturale e la partecipazione politica.
Una scuola di qualità non deve limitarsi a trasmettere abilità sociali e lavorative, ma deve anche formare cittadini democratici.
Il libero accesso alle informazioni dev’essere ritenuto un diritto fondamentale del cittadino.
La giustizia sociale, ovvero l’abrogazione dei privilegi, riducendo al minimo le esigenze di ricorrere alla forza per risolvere le controversie, contribuisce a suscitare e a consolidare nei cittadini il desiderio di contribuire a tenere alto il tenore morale del paese.
Tra i fattori che potrebbero favorire la democrazia vanno ricordate le religioni non dogmatiche, che concedono ai fedeli la facoltà di leggere e interpretare soggettivamente le Sacre Scritture o che favoriscono la creazione di uno spazio politico pienamente umano, “sostanzialmente indipendente da ogni prospettiva teleologica e da ogni legame con la trascendenza” (COTTA 2002: 163).
Le religioni non dogmatiche vanno a braccetto con il relativismo con il laicismo. “La democrazia – osserva Michelangelo Bovero – è laica o non è democrazia” (2000: 38). In democrazia, chi affermasse di essere l’unico depositario della verità verrebbe considerato un pericolo pubblico, la verità democratica essendo nella discussione, non nel dogma, ed essendo posseduta da chi, in un dato momento, sia riuscito a persuadere l’altro con la forza delle proprie argomentazioni.
La tecnologia digitale può certo giovare alla causa della democrazia, agendo a più livelli, in particolare, favorendo la diffusione dell’informazione e la comunicazione paritaria, ma è necessario ricordare che essa è solo uno strumento e, in quanto tale, non è sufficiente a creare democrazia. Come non basta dare a tutti un’automobile per creare un popolo di automobilisti, perché, senza un’adeguata rete stradale e un’opportuna formazione, rischieremmo il caos e incidenti a raffica, allo stesso modo non basta collocare un computer in ogni casa per formare cittadini democratici e generare democrazia. La tecnologia digitale può giovare alla causa della democrazia a più livelli, in particolare, favorendo la diffusione dell’informazione e la comunicazione paritaria e creando condizioni tecniche (moneta elettronica, referendum continuo, ciberspazio) tali da consentire la reale attuazione di un sistema DD locale e planetario. In precedenza abbiamo avuto modo di parlare dell’importanza per la democrazia della moneta elettronica e del referendum. Qui approfitto per illustrare il ruolo del ciberspazio.
Le migliori condizioni sociali, economiche, culturali e tecnologiche non bastano per decretare l’affermazione della democrazia: bisogna anche volerla. Ma chi può desiderare la DD? Nell’antica Atene le abitazioni private erano tutte di modeste condizioni, comprese quelle dei cittadini più facoltosi, e, a parte i templi, le poche strutture relativamente grandiose erano quelle ad uso pubblico: i teatri, le sedi per i giochi panellenici, i ginnasi, i tribunali. Questa assenza di una logica di potere ha certamente contribuito all’affermazione della democrazia ad Atene. Infatti, può desiderare la DD solo chi non ha dei privilegi da difendere e chi non è animato da volontà di potere.
Ma chi è costui? Tipicamente, è un membro della classe media, uno che non aspira a posizioni di dominio e, nello stesso tempo, non teme di scivolare tanto in basso da essere inghiottito nel vortice della miseria. Solo chi non nutre ambizioni di potere ed è abbastanza lontano dalla miseria per aver paura di rovinare, solo lui può provare un’attrazione operosa per l’idea democratica, solo lui può lottare per una società più giusta e migliore. La DD è favorita dunque dalla presenza di una classe media il più estesa possibile.
Occorre infine un’adeguata sensibilizzazione delle masse ai valori democratici e un servizio formativo di alto profilo, e ciò non può venire che dall’esterno e dall’alto, in particolare dallo Stato e dall’iniziativa di grandi personaggi; ma può funzionare solo se trova cittadini disponibili a fare la propria parte. Alla fine, come osserva Fabbrini, “una democrazia nuova può nascere solamente da una relazione virtuosa tra mobilitazione dal basso e riforma dall’alto” (1997: 27-8).
A queste condizioni, la democrazia potrebbe costituire un’idea attuabile, ed è possibile immaginare una società dove “i cittadini non solo saranno capaci di scegliere chi li governa, come hanno sempre fatto, ma potranno anche partecipare maggiormente e in modo più diretto alla politica determinando essi stessi le leggi e le strategie di governo” (GROSSMAN 1997: 8). Il futuro della democrazia dipende, in definitiva, dalla volontà dei singoli cittadini di imparare a muoversi in un sistema complesso di informazioni e conoscenze, ma anche dal nobile gesto di qualche uomo potente, che, mettendo da parte i suoi interessi materiali, si senta solleticato dall’idea di poter passare alla storia come il pioniere illuminato di un mondo nuovo.

9.2. Fattori anti democrazia
Secondo Huntington, “la povertà è probabilmente il principale ostacolo allo sviluppo democratico” (1995: 324). Ma forse ciò è vero solo in parte. Il più delle volte, infatti, i poveri vivono in così misere condizioni da non poter prestare attenzione a quanto esula dai propri bisogni primari. Spesso per loro la «democrazia» è solo un termine privo di significato. Essi certamente non favoriscono la democrazia, come sarebbe nel loro interesse, ma nemmeno la contrastano.
Più che dalla povertà, la democrazia potrebbe essere ostacolata dall’ingiustizia sociale e da ciò che ne consegue, come i forti contrasti indigenza/ricchezza e ignoranza/sapere, che si traducono nell’impossibilità di esercitare i propri diritti per una parte della popolazione, oppure nel dominio dell’uomo sull’uomo.
A mio parere, chi ha davvero interesse a ostacolare l’affermazione della democrazia sono uomini ricchi e potenti, grandi imprenditori, monopolisti, personaggi politici, esponenti dell’alta finanza, affaristi, faccendieri, speculatori, ma anche professionisti, alti prelati e tutti coloro per i quali l’avvento della democrazia potrebbe rappresentare la fine dei privilegi. Se i poveri si disinteressano della democrazia, i ricchi le si oppongono con fermezza e pervicacia e, poiché dispongono di abbondanti strumenti culturali ed economici, di norma sono in grado di raggiungere i loro scopi, anche attraverso l’elaborazione di adeguate ideologie e l’attuazione di politiche ad hoc. In pratica, sono loro i più pericolosi nemici della democrazia.
Quando parlo di «ricco», non mi riferisco a chi ha tanti soldi da potersi permettere tutto ciò che desidera e fare una bella vita. Mi riferisco piuttosto a chi non è mai pago, a chi non mira solo a fare una vita agiata, a chi non si accontenta di disporre di ogni bene, ma vuole anche a stupire, a chi non vuole solo ampliare il suo patrimonio, ma anche il potere, a chi non basta vivere senza affanni, ma vuole la gloria, il dominio, la soggezione dei propri simili, l’onnipotenza. Il ricco è chi si comporta da autocrate, da despota, da superuomo, da semidio, da mito vivente. Nella società duale DR egli incarna la figura del cittadino di alto rango, che, se a parole propugna i diritti fondamentali dell’uomo e l’uguaglianza di fronte alla legge, di fatto non si accontenta di essere come gli altri, vuole essere superiore agli altri, superiore perfino alla legge. Nella società, questo ricco ricorda la cellula tumorale, che si moltiplica senza controllo e senza tenere conto delle altre cellule, fino a decretare la morte dell’organismo che la ospita e, di conseguenza, anche di se stessa. Di fatto egli è la negazione vivente dei valori democratici, primo fra i quali la pari dignità delle persone. Sì, il ricco è incompatibile con la democrazia.
Il caso Berlusconi ci offre un illuminante esempio dell’uomo ricco di cui stiamo parlando. Prima di entrare in politica, B. era un imprenditore di successo, aveva denaro in abbondanza e controllava alcuni importanti mezzi di informazione. La gente lo guardava con un misto di invidia, simpatia e fiducia, e faceva ragionamenti di questo tipo: «I politicanti di professione entrano in politica perché vogliono arricchirsi, perciò governano pensando ai propri interessi e sono particolarmente sensibili alla corruzione. Berlusconi, invece, essendo già ricco e soddisfatto, governerà nell’interesse generale». Com’era facile immaginare, i fatti hanno smentito questo assunto, dimostrando che, in questi ultimi anni, B. non solo ha incrementato considerevolmente il suo patrimonio, ma al potere economico ha aggiunto anche quello politico (esecutivo e legislativo), ampliando nel contempo quello dell’informazione, che già deteneva in parte. L’unico potere che gli manca per l’en plein è quello giudiziario, che la Costituzione ha volutamente tenuto separato dagli altri poteri per garantire la democrazia, ma B. sta facendo di tutto per controllare anche questo, e non ci vuole molto per capire che, quando tutti i poteri saranno nelle sue mani, la democrazia sarà finita.
La democrazia è condizionata negativamente anche dalla bassa fiducia nel cittadino comune, ossia dalla convinzione che sia inutile educarlo all’autonomia e sia preferibile trattarlo da bambino. La disinformazione, l’ignoranza, un sistema scolastico mediocre, un’ideologia che favorisca l’ignoranza e la miseria, sono altrettanti ostacoli per la democrazia.
La democrazia è minacciata dalle religioni dogmatiche e assolutiste. Infatti, “Democrazia e verità assoluta, democrazia e dogma, sono incompatibili” (ZAGREBELSKY 2008: 123). Secondo il Manifesto Laico, “la Chiesa non è e non può essere democratica” dal momento che al posto del cittadino sta il fedele, dell’assemblea il gregge, della libera coscienza l’obbedienza (MARZO, OCONE 1999: 46). E non posso che essere d’accordo. Per di più, come ci insegna la memoria storica, “imporre l’idea di una verità universale non può che portare a un bagno di sangue” (APPIAH 2007: 147). Anche se tutti i cittadini di uno Stato, meno uno, professassero una certa fede religiosa, se quello Stato fosse veramente democratico, dovrebbe rispettare la posizione di quell’unico cittadino non-religioso. Infatti, osserva Michelangelo Bovero, “La democrazia è laica o non è democrazia” (2000: 38).
Alla causa della democrazia nocciono anche le ideologie collettiviste, che diffondono l’idea che il gruppo, l’azienda, l’impresa, l’istituzione, l’ordine gerarchico, la patria valgano più del singolo, enfatizzano la superiorità dei doveri sui diritti ed esaltano il sacrificio individuale alla ragion di gruppo. Ebbene, un individuo che consideri un valore il proprio sacrificio per una qualsiasi causa a lui esterna tenderà a mettere al primo posto l’aggregazione e il conformismo piuttosto che la promozione di se stesso, il partito piuttosto che la partecipazione diretta, la DR piuttosto che la DD.
Alla democrazia si oppone anche l’atteggiamento rinunciatario di chi ritiene l’impresa della sua realizzazione pregiudizialmente impossibile, come Dahl: “Perfino supponendo che ognuno desideri sinceramente la democrazia, una soluzione formalmente perfetta sembra estremamente difficile da raggiungere” (2000: 97); oppure Dunn: “siamo diventati tutti democratici, in teoria, proprio in quella fase storica in cui in pratica ci è diventato virtualmente impossibile organizzare ancora la nostra vita sociale in maniera democratica” (1983: 53). Chi dichiara un pessimismo radicale nei confronti della democrazia non ne favorisce di certo l’affermazione.

8. Perché non credere nella DD?

Si può non credere nella DD o perché non si ha fiducia nel cittadino comune, o perché la si ritiene tecnicamente inattuabile, o perché è costosa e richiede impegno costante da parte di tutti.
Si può anche non credervi perché, se attuata in modo parziale, potrebbe rivelarsi un sistema politico instabile.
Potrebbero non credere nella DD le élite, perché temono di perdere i propri privilegi, ma anche le masse, le quali, diffidenti come sono di tutto ciò che è nuovo, potrebbero vedere in essa qualcosa che va contro una cultura millenaria di società duali.

7. Perché credere nella DD?

Ora che conosciamo i princìpi ispiratori della DD possiamo chiederci se vale la pena di crederci o meno.
In pratica, possono credere nella DD solo quanti si sentano insoddisfatti della DR e siano disposti ad accordare fiducia nel cittadino comune e a servirsi massicciamente della tecnologia. Ma perché dovrebbero fare ciò?

7.1. Siamo in buona compagnia
Un’altra, sia pur debole, ragione potrebbe essere rappresentata dalla presa d’atto che esistono alcuni intellettuali di valore, pochi per la verità, che sembrano orientati nella medesima direzione. Secondo D. Held, “Una democrazia non potrebbe chiamarsi propriamente tale se i suoi cittadini non avessero il reale potere di essere attivi. E questo potere si determina quando i cittadini sono in grado di godere di una quantità di diritti che gli permettano di produrre una partecipazione democratica” (1997: 437). Anthony Giddens crede che un giorno i governanti dovranno rendere conto del loro operato al popolo, esattamente come facevano gli antichi ateniesi: “Non ci si può automaticamente fidare che gli esperti sappiano cosa è bene per noi, né che essi ci possano sempre fornire verità non ambigue; devono essere chiamati a giustificare le loro conclusioni e le loro politiche sottoponendole al minuzioso esame del pubblico” (2000: 67). M. Bookchin vagheggia una democrazia “che assegna al popolo la piena facoltà di determinare il destino della società” (1993: 37).
Un altro autorevole personaggio che possiamo annoverare tra i fautori della DD è Giorgio Sola, il quale, in un interessante libro, tratta di tre diversi sistemi politici, chiamati Paradigmi, che si sarebbero affermati nel corso dei secoli e continuerebbero a contendersi il campo anche al giorno d’oggi: il “paradigma del potere”, che si fonda sui rapporti di forza fra gruppi che lottano per la conquista del potere, e corrisponde ai sistemi autocratici; “il paradigma dello Stato” o delle Istituzioni, che si articola intorno alla struttura governativo-burocratica e alle sue istituzioni, e corrisponde alla DR; il “paradigma dell’attore”, che si fonda sull’individuo, e corrisponde alla DD. In questa sede mi interessa principalmente far notare che il paradigma dell’attore è presentato da Sola come un’alternativa esistente e possibile, sia pur minoritaria, dunque non come una semplice utopia, ma come un’opzione reale, che esiste da lunghissimo tempo, ma che, rilanciata dal pensiero comportamentista, ha acquistato rilevanza solo nell’ultimo mezzo secolo, (2005: 63). Si tratta di voci che gridano nel deserto? Forse, ma sono sufficienti a tenere acceso il fuoco della speranza.
Thomas Jefferson ebbe a sostenere: “Non conosco depositario di potere affidabile tanto quanto il popolo stesso. Se la popolazione non è considerata abbastanza illuminata da governare con giudizio integerrimo, non si dovrà impedirle di farlo, ma glielo si dovrà insegnare” (in GROSSMAN 1997: 11). Questa è la fede democratica: credere nel popolo e avere fiducia nel cittadino. Non c’è alcuna ragione per cui non possiamo condividerla. E questo rappresenta un altro valido motivo di speranza.

7.2. Non dimentichiamo la tecnologia
Un ulteriore elemento di ottimismo è la consapevolezza che oggi, per la prima volta nella storia dell’umanità, disponiamo della tecnologia necessaria all’attuazione della rivoluzione democratica, anche nei grandi Stati. Oggi è possibile realizzare una Nuova Atene, senza schiavi, dove tutti siano chiamati a partecipare direttamente alla vita pubblica. Ad affermarlo è Stefano Rodotà: “È tecnicamente possibile consentire ai cittadini di accedere direttamente a banche dati locali e nazionali che diano loro informazioni sui bilanci dello Stato, di enti territoriali, di enti pubblici; su delibere e proposte, e sul loro stato di avanzamento; su gare d’appalto, appalti concessi, bandi di concorso e relativi svolgimenti, piani regolatori e concessioni edilizie, finanziamenti a imprese e associazioni; su situazioni ambientali, su flussi di traffico; e così via. Diventa possibile seguire l’iter di una decisione e controllare la correttezza di atti e procedure amministrative” (1999: 262). I segnali più concreti e convincenti, che procedono in questa direzione, vengono dagli Stati Uniti d’America, che da oltre duecento anni costituiscono il punto di riferimento per l’ideale democratico, così come lo fu Atene nei tempi antichi. Ebbene, a detta di Lawrence K. Grossman, presidente della Horizons Cable Network, negli Stati Uniti si stanno concretizzando, grazie soprattutto alla rivoluzione elettronica, le condizioni tecniche necessarie per il passaggio dalla democrazia rappresentativa a quella diretta: “Alle soglie del ventunesimo secolo, il paese si sta trasformando in una repubblica elettronica, in un sistema democratico nel quale l’opinione della gente comune influenza sempre di più, giorno per giorno, le decisioni dello stato” (1997: 7).
Fede e tecnologia: sono questi i germi da cui può nascere la speranza nella democrazia partecipativa, come sistema politico concretamente attuabile. Oggi la democrazia è qualcosa che non possiamo avere, ma che non possiamo smettere di desiderare: così scriveva John Dunn tempo fa (1995: 248). A distanza di venti anni, mi sento di affermare che la democrazia, nel senso di DD, non solo è desiderabile, ma è anche realizzabile, e non mi resta che formulare l’augurio che questi germi possano propagarsi al più presto e gettare radici profonde in ogni angolo del pianeta.

6. Il Comune DD e la Comunità Locale (CL)

L’unità politica di base dello Stato-mondo è il Comune (o Municipio o Distretto), ossia una comunità di 5-15 mila abitanti, che ruota intorno alla Comunità Locale (CL).

Che cos’è la CL?
In un interessante libro, Putnam (2004) spiega il ruolo decisivo che le reti sociali di qualsiasi tipo (lavorativo, politico, religioso, sindacale, solidale, ludico) svolgono nell’aiutare le persone a stare meglio e a renderle più forti nei confronti di eventi avversi o malattie e più partecipi e responsabili in tutte le questioni di interesse generale. Secondo Putnam, queste reti sociali, che lui chiama «capitale sociale», hanno ricadute positive non solo sulla democrazia ma anche sulla produttività lavorativa e il benessere delle persone. Credo che non ci voglia molto acume per capire che Putnam ha ragione. L’unica critica che gli potrei muovere è quella di avere impiegato quasi 500 pagine di testo per scoprire l’acqua calda. Che la vita comunitaria sia di grande aiuto a tutti i livelli e determinante per la democrazia lo sapevamo già o potevamo intuirlo anche senza leggere il libro di Putnam, che però ha il merito di avercelo ricordato e di averci fornito un’autorevole conferma. Da Aristotele a Internet è noto che la vita comunitaria è la base della politica e il capitale sociale è essenziale in qualsiasi sistema democratico (CAMPUS, GERSTLÉ 2007: 75).
Ebbene, per come lo vedo io, la CL rappresenta il luogo dove il capitale sociale potrà esprimersi nel modo migliore e dove i cittadini potranno coltivare quelle virtù civiche che sono alla base della democrazia, prime fra le quali le capacità di stendere l’ordine del giorno e di partecipare proficuamente alla pubblica discussione e al processo deliberativo.
È stato detto che “Non c’è democrazia senza il libero confronto delle idee, senza che sia assicurata a tutti pari dignità nel far valere e conoscere le proprie opinioni” (CIAMPI 2005: 165). Bene, questo libero confronto di idee si svolge nel modo migliore proprio nella CL, che è l’autentico centro nevralgico, il vero cuore pulsante e il simbolo della comunità municipale. La CL è una sorta di moderna agorà, ossia il luogo dove i cittadini possono liberamente incontrarsi, leggere, informarsi, conversare, organizzare convegni, andare a scuola, vedere un film, praticare sport, fare feste, celebrare riti religiosi, sposarsi, votare e avviare tante altre iniziative di interesse collettivo. È qui che si forma il cittadino democratico, che pensa, studia, si informa, propone, si confronta, discute, pianifica, progetta, lavora, ama, si sposa e soprattutto partecipa all’amministrazione locale e alla politica dello Stato-mondo.

6.1. I Gruppi di Discussione Locali (GDL)
La CL è la sede municipale preposta ad accogliere i Gruppi di Discussione Locali (GDL), che sono aperti a tutti i cittadini locali e operano nella Rete in collegamento con tutte le altre CL. Ogni gruppo è regolato da norme precise, che sono stabilite democraticamente e garantite da un «responsabile» di gruppo. I temi dibattuti da ogni gruppo vengono riportati in un apposito indice tematico, per favorire l’accesso a chiunque, attraverso una semplice ricerca per parole chiave. A tutti è data facoltà di partecipare liberamente alle discussioni che lo interessano, anche al di fuori del proprio gruppo, nel rispetto del principio che le questioni, sia locali che generali, devono essere aperte a tutti coloro che ne sono interessati. In caso di mancato accordo, si mettono ai voti le diverse proposte sul campo, e vince la proposta che, entro un limite di tempo prestabilito, abbia ottenuto più voti, indipendentemente dal numero dei votanti.

6.2. Aspetti urbanistici e istituzionali della CL
Come si presenta a livello urbanistico la CL? Per come lo immagino io, la CL è una struttura edilizia provvista di spazi scoperti e di un parco verde, situata al centro del nucleo abitativo, in un’area a traffico limitato (ZTL), facilmente raggiungibile a piedi da tutti i cittadini, in cui sia consentita la circolazione solo a pedoni, ciclisti e veicoli speciali con motore elettrico, mentre l’uso di altri mezzi a motore sia limitato a casi eccezionali. La CL ospita i principali servizi per la comunità, come asili, scuole, biblioteca, uffici comunali, sale di riunione variamente attrezzate per svariati usi, anche a scopo ludico, cinema, palestra, piscina coperta, punti di ristoro, e altro. Dalla CL si diramano otto principali vie, che dividono il comune in otto settori, o circoscrizioni, o quartieri, e ospitano, nel tratto più vicino alla CL, gli esercizi commerciali, le banche, i luoghi di culto, le farmacie e altri uffici e servizi.
Si potrebbe decidere di dare al comune una forma quadrangolare, con i quattro lati predisposti in modo tale da poter ospitare strutture intercomunali, come ospedali, teatri, università, centri commerciali, centri sportivi, parchi, musei, grandi biblioteche, e altro. Nel caso in cui il numero di abitanti superasse i 15 mila, si dovrebbe prevedere di costruire un altro comune attiguo al precedente. Così, per esempio, un insediamento urbano di 100 mila persone dovrebbe risultare dalla somma di 8-10 comuni. Qualora, invece, il numero degli abitanti dovesse superare le 100 mila, si dovrebbe valutare se non sia il caso di riservare uno o più lotti comunali per l’insediamento di servizi di particolare importanza generale, come un Nodo Regionale o Statale, un grande ospedale, una grande università, un quartiere fieristico, e via dicendo.
Nella CL non ci sono enti assistenziali o previdenziali, né sindacati, né partiti politici, né agenzie delle entrate, né ingombranti apparati burocratici, e ciò, oltre a semplificare la vita ai cittadini, comporta un considerevole contenimento della spesa pubblica. Inoltre, l’uso esclusivo del denaro elettronico rende praticamente impossibile l’evasione fiscale ed educa la gente all’onestà. Tutti pagano e pagano meno. Non solo: grazie al controllo elettronico delle transazioni economiche, molte attività illecite sono rese praticamente impossibili e gli atti criminosi diminuiscono insieme alle attività giudiziarie e, poiché è più facile individuare i responsabili di reati di natura economica, i processi si svolgono in tempi molto rapidi. Il denaro così risparmiato viene investito nell’educazione del cittadino, nella ricerca e nei servizi relativi alla sicurezza della persona, alla tutela dell’ambiente, all’urbanistica, al trasporto, all’informazione, alla scuola, alla salute, al controllo quantitativo e qualitativo delle merci, al sistema delle assicurazioni e a tutto ciò che serve per garantire l’ordine pubblico e il rispetto dei princìpi della Costituzione.

6.3. Una risposta a Giovanni Sartori
Questa fondamentale istituzione democratica, che è la CL, mi offre l’occasione per rispondere ad un’aspra critica che Giovanni Sartori ha mosso alla democrazia referendaria e/o elettronica. Secondo l’illustre politologo, non si può parlare di «direttismo» quando i cittadini sono chiamati ad esprimere un voto, sia pure per via telematica, perché la vera DD deve poter contare su una partecipazione libera e personale. “La democrazia diretta come tale si fonda su interazioni «faccia a faccia» tra presenti, tra persone che si influenzano l’una con l’altra e che cambiano opinione ascoltandosi” (2008: 23). Il senso della critica è che, nell’esercizio del voto, questo scambio di opinione fra i cittadini manca e, se manca, non può esserci DD. Fin qui non ho motivo di dissentire. Dissento invece quando lo studioso lascia intendere che questo scambio diretto fra i cittadini non sia possibile in grandi Stati. La mia risposta a Sartori è proprio il Comunità Locale. I grandi Stati sono fatti di piccole comunità, che, in quanto luoghi preposti alla discussione, costituiscono l’anima di un sistema democratico. Non è necessario per la democrazia che ciascun cittadino di uno Stato comunichi fisicamente con ciascun altro, ma è fondamentale che ciascun cittadino faccia la sua parte nella propria CL.

NOTA
Sul tema CL segnalo l'interessante contributo di Marco Turco che si può leggere in http://marcoturco.jimdo.com/tesi/

5. Altri modelli DD

In questo libro ho inteso descrivere un modello DD in modo il più possibile compiuto, che non si limita a disegnare l’assetto istituzionale del paese, ma indica le probabili connotazioni che verranno ad assumere tutti i più importanti settori della società, dalla scuola al lavoro, dall’informazione alla sicurezza, dal diritto alla giustizia, dalla famiglia alla singola persona. Il mio sforzo è stato volto a dare una risposta a domande del tipo: come sarà la società DD? In che cosa sarà diversa dalle attuali società DR? Perché il modello DD è migliore di quello DR? E poi, la DD è realizzabile nei grandi Stati? E come? Si concilia con le esigenze di globalizzazione? Come? Perché? Sotto questo aspetto, non mi risulta che vi sia in letteratura un’opera composta con lo stesso spirito e con le stesse intenzioni. Tra le opere a me note, ne ho selezionato due, che mi sembrano esprimere una discreta ampiezza di vedute e costituire dei validi tentativi di spiegare la DD, anche se non lo fanno nel modo esaustivo da me auspicato. La prima è un’opera collettiva (Schiavone et Alii, 1997), la seconda ha per autore George S. Sagi (1998).

5.1. Il modello «Schiavone»
Schiavone e Collaboratori (1997) immaginano un Mondo Unito, costituito da una miriade di comuni elettronici, ciascuno dei quali sarebbe autogovernato dall’Assemblea sovrana di tutti i cittadini adulti e da un Consiglio (l’organo esecutivo), i cui membri sarebbero designati dall’Assemblea stessa e assumerebbero incarichi “sempre temporanei [...], responsabili cioè soggetti a rendiconto e a verifica, revocabili durante lo stesso incarico, non rinnovabili” (p. 267). L’Assemblea avrebbe l’obbligo di riunirsi ogni una-due settimane “in un luogo adatto, che la possa contenere (salvo soluzioni telematiche); con un quorum o numero legale che potrebb’essere di un quinto degli aventi diritto, o anche meno [...]; con un ordine del giorno e progetti di delibera preparati dal Consiglio in modo analogo a quanto avveniva ad Atene...” (p. 267). Il Consiglio si potrebbe avvalere di organi tecnici e uffici per l’espletamento del lavoro amministrativo. Le aziende pubbliche (acqua, elettricità, gas, rifiuti, trasporti, scuola, sanità, viabilità, poste, telefoni, ecc.) dovrebbero essere di proprietà dello Stato e funzionare come “imprese autogestite” (p. 268), dove sia abolita la distinzione tra datori di lavoro e lavoratori (p. 317), in modo da realizzare un “socialismo di mercato” (p. 320). “Il significato più profondo dell’autogestione sta nel fatto che essa sancisce la fine della lotta di classe e dello sfruttamento capitalistico” (p. 334-5).
Dalle unità municipali di base si passerebbe ad unità più ampie ordinate a più livelli (province, regioni, piccoli Stati) “attraverso la delega” (p. 268). Il delegato agisce per conto dell’assemblea e a questa è tenuto a dar conto. “In ogni caso le decisioni delle assemblee dei delegati, le leggi e i decreti, sono sottoposte poi alla ratifica ed eventualmente all’emendamento delle assemblee di base; sì da risultare una decisione corale del popolo intero" (p. 270). Il Parlamento perderebbe la sua prerogativa di organo supremo e si ridurrebbe ad una semplice assemblea di delegati avente potere legislativo (p. 271). Il Consiglio centrale, che sarebbe un’emanazione del Parlamento, si articolerebbe in un certo numero di ministeri, anch’essi organizzati in imprese autogestite.
Da questo quadro politico scompaiono la burocrazia pubblica, il politico di professione, il partito politico e lo Stato. “Non v’è un presidente della repubblica, un capo dello stato; la dignità del popolo non soffre capi, il popolo intero è capo a se stesso” (p. 273).
Il nuovo mondo dovrebbe tendere al disarmo. E l’esercito? “Resterà, per qualche tempo, una forza internazionale di pace, possibilmente senz’armi; fino a che tutti i popoli abbiano maturato lo stesso rifiuto incondizionato della guerra, la stessa coscienza e volontà di pace” (p. 273-4). L’esigenza di difendersi indurrebbe ciascun piccolo Stato a confederarsi con altri piccoli Stati in modo che, unendo le rispettive forze, possano incutere timore a qualunque avversario.
È solo attraverso il federalismo che sarebbe “possibile conciliare l’autogoverno popolare, cioè la democrazia diretta e, quindi, il piccolo stato col cosmopolitismo, o meglio, con un ordine mondiale capace di garantire a ciascun uomo, in quanto tale, quei diritti che fino ad oggi i singoli stati hanno più o meno garantito ai propri cittadini” (p. 309). Bisognerà procedere, dunque, verso la realizzazione di una “federazione mondiale degli stati” (p. 314).

5.2. Il modello «Sagi»
Non meno interessante è il libro di Sagi (1998), che sintetizzo a grandi linee come segue. Sagi parte dall’assunto che gli uomini sono diversi in tutto tranne che per tre aspetti, la nascita, l’istinto di sopravvivenza e la morte (p. 8-11), ma anche per la loro naturale propensione a vivere in comunità (p. 67). L’uomo è sociale perché trae dal gruppo vantaggi per la propria sopravvivenza, ma allorché il gruppo si fa troppo esteso, e tale è il caso dello Stato, la situazione si complica. Lo Stato, infatti, può migliorare notevolmente le condizioni di vita delle persone (p. 25), ma può anche distribuire iniquamente le risorse, creando disparità sociali e condannando molte persone alla sofferenza e alla morte (p. 18). Per di più, oggi l’uomo possiede armi di distruzione di massa, talché la sua stessa vita, la vita di tutti gli uomini, non è più al sicuro in nessuno Stato (p. 48). Non solo gli Stati non offrono sicurezza, ma nemmeno tutelano in modo soddisfacente i diritti fondamentali di tutte le persone (p. 20). Ora, secondo Sagi, questo è ingiustificato, perché la terra dispone di risorse sufficienti a consentire una vita dignitosa a tutte le persone, a patto che vi sia un regime politico adeguato (passim).
Oggi, i sistemi politici avvantaggiano i gruppi d’interesse più potenti e meglio organizzati, come i partiti, i sindacati, le istituzioni e le imprese (p.34), e i leader badano più al proprio tornaconto che al bene comune (p.48) e minacciano di farsi guerra fra loro e distruggere il pianeta (p. 60). I nostri governi DR ci offrono queste prospettive e appaiono impotenti a migliorare le cose. Se si vogliono instaurare sulla terra condizioni di pace e creare benessere generale, ci vuole più democrazia, ma il principio di maggioranza e il diritto al voto non bastano a creare democrazia (64-5); bisogna dare il potere politico ai cittadini (p. 50), eliminare il divario di ricchezza fra le nazioni (p. 54), offrire a tutti pari opportunità e sviluppare appieno il capitale umano (p. 69-70), garantire a tutti una vita dignitosa e dare ai più meritevoli compensi adeguati alle loro capacità e al loro impegno (p. 68). La pace sociale sarà assicurata solo quando saranno soddisfatti i bisogni primari di tutti i membri (p. 73) e ciò sarà possibile solo con la DD. In un sistema DD, il potere decisionale viene esercitato attraverso la concertazione di molteplici gruppi di discussione, che si avvalgano dei più moderni mezzi di comunicazione elettronica (p. 78), e degli organi costituzionali, come il Parlamento e il Presidente (p. 81).

Le proposte di Schiavone e Sagi appaiono particolarmente interessanti se non altro perché rappresentano una valida alternativa agli attuali sistemi DR e perché offrono spunti su cui costruire una bozza di Costituzione DD, ma non ci fanno vedere come cambierebbe realmente la vita delle persone una volta che la DD fosse stata realizzata. Ebbene, secondo me, una teoria della DD non deve limitarsi a descrivere l’assetto politico e i principi ideologici generali del nuovo sistema, ma deve anche spiegare a quelle stesse persone, alle quali poi si chiederà di partecipare all’autogoverno, come cambierà realmente la società, in modo che possano decidere se vale la pena di lottare per la «rivoluzione». Il presente libro intende colmare questa lacuna e offrire al lettore degli spunti di riflessione e di dibattito sui principali temi sociopolitici che lo riguardano.

4. Il mio modello DD

Nella sua forma più matura, il modello politico DD si dovrebbe comporre di uno Stato-mondo regolato da una Costituzione e articolato in tre sub-unità statali amministrative: Stato nazionale, Regione e Comune (indicativamente, si potrebbe sorteggiare un Comune ogni cento e farne un centro regionale, una Regione ogni cento e farne un centro statale e uno Stato nazionale su tutti e istituirvi il governo mondiale).

4.1. Vocazione cosmopolita
“Sino a che uno Stato democratico vive in una comunità cui appartengono a pieno diritto Stati non democratici […] anche il regime degli Stati democratici sarà una democrazia imperfetta” (Bobbio 1999: 366). Ne consegue che, se un paese democratico voglia tendere alla perfezione, e non c’è alcuna ragione per credere che non voglia farlo, esso dovrà aspirare al cosmopolitismo.
La vocazione cosmopolita della DD poggia su tre sostanziali ragioni. La prima ragione è di tipo cultural-ideologico: la DD è un modello politico con una tale presunzione di superiorità rispetto a qualunque altro modello da risultare inimmaginabile, una volta che essa sia stata concretamente realizzata in un qualsiasi angolo del mondo, la sua non affermazione a livello planetario. In altri termini, la DD tende naturalmente all’universalità, anzi giunge a pieno compimento solo se si afferma a livello mondiale. La seconda ragione è di natura tecnica: gli obiettivi del disarmo e della pace nel mondo, che sono parte essenziale della DD, possono essere concretamente realizzati solo se tutti i paesi adottano la stessa linea politica. La terza ragione, che è di tipo economico-ambientale, tiene conto del fatto che la DD è la forma di governo maggiormente compatibile con l’attuale domanda di globalizzazione e con le sfide relative al commercio e al turismo internazionali, all’inquinamento, all’effetto serra, al buco dell’ozono, all’espansione demografica, all’esauribilità delle risorse, allo sviluppo sostenibile, che sono problematiche comuni a tutti gli uomini della terra.

4.2. Le istituzioni DD
Le principali istituzioni politiche dello Stato nazionale sono quelle previste dalla Costituzione, che sono cinque: tre di natura tecnica, due di natura politica. Le tre istituzioni di natura tecnica sono, le ricordo: la Commissione per le Risorse e la Demografia (CRD), la Commissione per le Attività Produttive e i Servizi (CAPS) e le Organizzazioni di Categoria (OC). La prima istituzione politica è la Commissione per le Relazioni Politiche ed Etiche (CRPE), che si materializza in una «Rete di Nodi», a partire dal NC e fino al «Nodo Mondiale», passando per i «Nodi Regionali» e per i «Nodi Statali». La seconda istituzione politica è la Corte Costituzionale (CC), che è un organo collegiale formato da un esiguo numero di membri (personalmente, proporrei un numero dispari, per esempio undici).
La Commissione per le Risorse e la Demografia (CRD), valuta la disponibilità delle risorse del territorio, controlla l’indice di natalità e l’andamento demografico, calcola l’ammontare del Reddito minimo garantito (RMG) e della retribuzione relativa al primo livello lavorativo, provvede a formare cittadini democratici e figure genitoriali responsabili, organizza servizi in grado di sostituire validamente la famiglia in tutti i casi in cui qualche soggetto corra il rischio di subire danni irreparabili, elabora piani di crescita economica e produttiva del paese.
La Commissione per le Attività Produttive e i Servizi (CAPS) provvede a rendere esecutive le norme di legge, presiede e coordina le Organizzazioni di Categoria, ordina le attività lavorative secondo il loro grado di complessità, valutando «uno» il lavoro più semplice e aumentando la base unitaria di decimali via via che il lavoro richiede maggiori capacità e impegno,.
Le Organizzazioni di Categoria (OC) predispongono gli iter formativi dei propri membri, organizzano le diverse attività lavorative, stabiliscono un metodo di valutazione delle competenze professionali, oltre che della resa individuale, sia quantitativa che qualitative, in modo tale da poter collocare ciascun lavoratore in una particolare fascia di merito. Inoltre, redige un Albo dei lavoratori (AL), ordinato secondo le abilità specifiche di ciascuno e provvede affinché i migliori di ogni Albo vengano automaticamente inseriti nelle liste di rappresentanza, previo accertamento della loro disponibilità ad essere eletti o sorteggiati per ricoprire cariche pubbliche.
La Commissione per le Relazioni Politiche ed Etiche (CRPE) è una sorta di Parlamento formato da un centinaio di membri (dieci per ogni Regione). Le sue funzioni consistono nell’attività legislativa avente carattere di urgenza o di eccezionalità, nell’esprimere pareri non vincolanti su questioni di ordine etico, nel sovrintendere ai rapporti fra cittadini e istituzioni.
La Corte Costituzionale (CC) è composta da un collegio di probiviri, che svolgono la funzione di guardiani della Costituzione e la esercitano attraverso un diritto di veto sulle singole norme di legge.
La Comunità Locale (CL): vedi post n. 6.

4.3. Principali caratteristiche del modello DD
Il modello DD qui presentato:
1. Riconosce l’individuo come soggetto fondamentale della politica, e non il gruppo. Perciò la sovranità individuale sostituisce quella del gruppo, del partito, o dello Stato.
2. Non istituisce Stati, ma una costellazione di collettività, ordinate secondo i princìpi del federalismo e tenute insieme da obiettivi comuni e da regole condivise (costituzione). Una comunità DD si costituisce a condizione che almeno il 75% dell’elettorato approva un corpo di regole comuni. Questa comunità può essere chiamata «civicrazia».
3. Osserva le seguenti regole.
a) A ciascuno pari opportunità.
b) A ciascuno secondo i propri meriti.
c) A ciascuno pari libertà di accesso all’informazione.
d) A ciascuno uguale libertà di espressione.
e) A ciascuno un minimo garantito per un’esistenza dignitosa.
f) A ciascuno piena sovranità, con l’unico limite della sovranità degli altri.
4. Riconosce la sovranità alla persona, che la esercita in parte attraverso la sua libertà d’iniziativa, in un clima di libera competizione.
5. Stabilisce che la costituzione debba essere periodicamente votata e che si intenda confermata se ottiene il consenso di almeno il 51% degli aventi il diritto al voto.
6. Stabilisce anche che la costituzione possa essere modificata col consenso di almeno il 75% dell’elettorato.
7. Tende a universalizzare la propria costituzione e a realizzare un mondo unito, una cosmopoli o un villaggio globale.
8. Non concepisce la guerra, né l’uso della forza in generale, né come offesa, né come difesa, ma tende la disarmo totale.
9. Si fonda sull’informazione, nella convinzione che l’individuo può prendere sagge decisioni solo se adeguatamente informato.
10. Si fonda sulla programmazione, ossia sull’attenta valutazione del rapporto numero di cittadini/risorse. In altri termini, essa programma il numero delle nascite in rapporto alle risorse disponibili.
11. Si fonda sulla partecipazione diretta alla politica di tutti i cittadini e perciò utilizza il referendum continuo come strumento ordinario di autogoverno, da realizzarsi per mezzo della cosiddetta democrazia elettronica.
12. Non prevede il ruolo del rappresentante, se non per mandato imperativo.
13. Prevede contratti di lavoro individuali, e non collettivi.
14. Fissa l’età minima per l’accesso al mondo del lavoro a 18 anni e nessun limite di età per il pensionamento.
15. Garantisce la salute e la copertura da eventuali rischi dei cittadini con formule assicurative obbligatorie per tutti.
16. Stabilisce che il denaro elettronico sostituisca la cartamoneta e che il prelievo fiscale venga effettuato automaticamente dal computer.

4.3.1. Vantaggi
1. La libertà del cittadino è assicurata dal minimo garantito.
2. La libertà di iniziativa personale è massima.
3. La responsabilità personale è massima (tutto dipende dai singoli individui).
4. Lo sfruttamento della materia grigia è massimo.
5. L’equità sociale (a ciascuno pari opportunità e secondo i meriti) è massima.
6. L’elasticità del sistema è massima (la DD non è, di per sé, né di destra, né di sinistra, né di centro, e le regole possono essere cambiate in qualsiasi momento).
7. Il potere è decentrato al massimo.
8. L’informazione è utilizzata al massimo.
9. La pace è garantita al massimo.
10. Le condizioni favorevoli alla crescita economica e alla felicità dei singoli individui sono le migliori possibili.

4.3.2. Svantaggi
1. La DD richiede il massimo sviluppo della qualità individuali e il massimo impegno da parte dei cittadini.
2. La DD è un sistema molto dispendioso: si può realizzare solo se è disponibile un’adeguata ricchezza, solo cioè se il rapporto tra il numero degli individui e le risorse è favorevole.
3. La bontà del sistema dipende dalla volontà degli individui di autogovernarsi e dalla loro maturità, che non è stabile nel tempo, ma va costantemente alimentata e sostenuta.
4. Se gli individui non sono pronti ad assumersi le proprie responsabilità, si rischia di cadere nell’autoritarismo e nella dittatura.

4.4. I dieci comandamenti DD
Una vera DD si può costruire solo se esiste una piattaforma di semplici e chiare regole condivise dalla maggioranza estesa dei cittadini.
Io propongo le seguenti dieci regole:
1. L’unità fondamentale della società è l’individuo. La società (il gruppo, lo Stato) dev’essere intesa come l’insieme degli individui che la compongono.
2. L’individuo è portatore di bisogni materiali e psichici.
3. La società esiste per l’individuo, e non viceversa.
4. Le risorse della terra e dell’ingegno umano appartengono a tutti gli individui.
5. Ogni individuo ha il diritto di vivere in maniera consona alla dignità umana, diritto che si traduce non solo nella soddisfazione dei bisogni primari, ma anche nella facoltà di accesso all’istruzione e all’informazione, considerata indispensabile per la libertà di pensiero.
Questo diritto viene salvaguardato attraverso il riconoscimento di un «reddito minimo» garantito per ciascuno.
6. Chiamasi cittadino ogni individuo adulto.
7. Ogni anno i cittadini approvano un piano per la programmazione delle nascite in rapporto alla disponibilità delle risorse.
8. A ciascuno pari opportunità.
9. A ciascuno secondo i propri meriti.
10. Ogni anno i cittadini approvano i criteri per la determinazione di una scala di merito nei diversi settori lavorativi.

3. Costituzione DD

La Costituzione DD
Una volta sgombrato il campo dalle critiche più radicali e assicuratici che la DD è un tipo di governo possibile, passiamo a descriverlo nei suoi tratti più generali attraverso la stesura di un’ipotetica costituzione DD. Ebbene, come si potrebbe giungere ad una costituzione DD e come potrebbe essere questa costituzione?

Possibile piano attuativo
Immaginiamo che un gruppo di dieci persone elabori una teoria organica della DD e proponga la DD come miglior modello politico possibile, riuscendo ad incuriosire una parte dei cittadini che sono scontenti dell’attuale sistema DR e alla ricerca di una valida alternativa. Potrebbe essere questo un ottimo punto d’inizio per un concreto progetto DD. Poniamo che questo originale movimento filo DD sia composto da poche migliaia di cittadini sparsi in tutta Italia, che cominciano ad organizzarsi in tante piccole comunità municipali, accendendo libere discussioni, tanto nei comuni di residenza quanto nel Web, a livello prima regionale e poi nazionale, con l’intento di elaborare una bozza di Costituzione DD entro un limite di tempo prestabilito, per esempio, un anno.
Nel caso in cui si riuscisse a definire una bozza unica di costituzione in grado di conciliare i diversi punti di vista, si potrebbe creare un, chiamiamolo così, «Movimento per la DD», che si riconosca in quella bozza e cerchi di fare proseliti, almeno in quel venti per cento di cittadini che abitualmente non si recano alle urne, perché insoddisfatti della politica. A questo punto, si potrebbe cominciare a raccogliere le firme per un referendum d’iniziativa popolare, teso ad avviare un dibattito pubblico nazionale sulla realizzabilità di un sistema politico DD ispirato ai principi espressi nella relativa bozza costituzionale e, nel caso in cui la consultazione referendaria dovesse avere esito positivo, si potrebbe dare inizio ad un piano operativo che attui concretamente il passaggio dal sistema DR a quello DD.

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Movimento per la Democrazia Diretta (MDD)
Statuto


GENERALITA’

Art. 1
Il Movimento per la Democrazia Diretta (MDD) nasce su iniziativa di un cittadino comune deluso dalla democrazia rappresentativa (DR).

Art. 2
Secondo il MDD, la DR non è una vera democrazia: è un’oligarchia mascherata.

Art. 3
L’atto di nascita ufficiale del MDD è il 4.9.09 e coincide con la pubblicazione di una serie di blog da parte di un cittadino comune, che in quei blog illustra la propria opinione su molteplici questioni inerenti la democrazia, con l’intenzione di dare l’avvio ad una discussione aperta a tutte le persone insoddisfatte della DR e interessate al cambiamento.

Art. 4
L’obiettivo primario del MDD è quello di sensibilizzare le persone sulla necessità di progettare dal basso, ossia da parte di cittadini comuni, un modello politico veramente democratico, capace cioè di garantire la partecipazione politica a tutti coloro che lo desiderino.

Art. 5
La necessità di partire dal basso discende dalla convinzione che gli uomini di potere non accetteranno mai di attuare una democrazia partecipativa, perché questo comporterebbe la perdita del loro potere.

Art. 6
L’assunto primario del MDD è che un sistema democratico partecipativo si potrà attuare solo se ci sono cittadini democratici, ossia persone disposte a pensare, a studiare, a informarsi a riflettere con la propria testa e a farsi parte attiva nel costruire il modello sociale e politico nel quale amerebbe vivere.

Art. 7
Il MDD non ha una struttura ben determinata, né un’organizzazione precostituita, né figure gerarchiche, né rappresentanti con delega in bianco, né un codice di norme o di valori rigido. Tutto è in discussione. Tutto è modificabile.

Art. 8
Il principale soggetto/oggetto del MDD è il cittadino comune, ossia qualsiasi persona fisica riconosciuta dallo Stato.


PARTECIPANTI

Art. 9
Si entra a far parte del MDD semplicemente manifestando la volontà di partecipare alla discussione sulla democrazia: non è prevista una quota sociale e per uscire è sufficiente smettere di partecipare, con o senza dichiarazione formale.

Art. 10
Ciascun partecipante è libero di scegliere tempi, modi e contenuti della propria partecipazione.

Art. 11
Riguardo alle sedi della discussione, si assume la necessità di privilegiare quelle prive di costi, in particolare:
• Locali messi a disposizione dal Comune di residenza.
• Il web.
• Case private.
Ove ciò non fosse possibile, si potranno scegliere soluzioni alternative, previa valutazione dei costi e della volontà/possibilità di sopportarli.

Art. 12
Il partecipante ha i seguenti doveri verso se stesso:
• Curare la propria salute.
• Istruirsi.
• Informarsi.
• Acquisire abilità.
• Perseguire l’autonomia di giudizio.
• Operare a proprio vantaggio, ma senza perdere di vista il bene comune.

Art. 13
Il partecipante ha i seguenti doveri verso gli altri:
• Argomentare le proprie idee tenendo conto della letteratura correlata.
• Rinunciare alla pretesa di esprimere verità assolute: tutto è opinione.
• Non usare toni offensivi.
• Ricordarsi che l’unica arma democratica è la persuasione.

Art. 14
Lo scopo primario di ogni partecipante dev’essere quello di contribuire alla realizzazione di un modello politico di autogoverno popolare, ossia una DD, capace di funzionare.

Art. 15
Nel momento in cui i cittadini democratici dovessero riuscire a realizzare l’autogoverno del popolo, il MDD perderebbe la sua ragion d’essere e diventerebbe semplicemente DD, ossia una democrazia vera, reale e operativa.

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Una proposta di Costituzione DD
Una buona costituzione DD dovrebbe essere composta da pochi e brevi princìpi fondamentali che possano fungere da solidi punti di riferimento per le istituzioni e le persone. Ecco la proposta di un cittadino comune.


GENERALITA’

Art. 1
Nessun governo può funzionare senza organizzazione e l’autogoverno popolare non sfugge a questa regola. Anche la Democrazia Diretta (DD), dunque, deve avere una propria costituzione.

Art. 2
La Democrazia Diretta dice che bisogna dare potere al popolo, ma non dice che cosa il popolo deciderà. Essa, pertanto, non può avere una dottrina politica ben definita e nemmeno una costituzione rigida.

Art. 3
La presente costituzione rappresenta solo l’opinione di un cittadino comune. Per poter essere legittimata, essa necessiterebbe di essere discussa, emendata e votata dal popolo.

Art. 4
Una costituzione è valida solo se è votata all’unanimità, o almeno con maggioranza allargata (2/3 - 3/4) dei votanti, senza quorum. Questa ampia convergenza è possibile se si tien conto che la costituzione esprime concetti generali, sui quali è più facile convenire.


CITTADINI E STATO

Art. 5
La Repubblica DD è una società fondata sia sul cittadino che sul popolo, quindi è un po’ «civicrazia», un po’ «democrazia».

Art. 6
Chiamasi «cittadino» ogni individuo residente in forma stabile nel territorio nazionale o registrato nell’anagrafe comunale.

Art. 7
Il soggetto fondamentale della politica è il cittadino che opera nella comunità locale.

Art. 8
La DD si fonda sulla fiducia nel cittadino comune.

Art. 9
La famiglia, le istituzioni, il popolo e lo Stato devono essere intesi come null’altro che aggregati di cittadini.

Art. 10
Quello che il cittadino è, il suo sistema percettivo e cognitivo, la sua volontà, il suo equilibrio mentale, i suoi interessi, le sue speranze, il suo stile di vita e la totalità del suo essere, tutto ciò dipende dal modo in cui egli riesce a interpretare e soddisfare i suoi bisogni.

Art. 11
La politica deve sempre partire dai bisogni del cittadino.

Art. 12
Lo Stato ideale è quello che offre, realmente, a tutti i cittadini, le stesse opportunità di costruire il proprio progetto di vita e di dare una risposta ai propri bisogni.

Art. 13
I diritti fondamentali del cittadino sono i seguenti:
a. uguaglianza di nascita
b. pari opportunità
c. abitazione dotata dei servizi essenziali (acqua, luce, gas, telefono)
d. diritto di accesso illimitato alle strutture formative e alle fonti di informazione
e. libertà di pensiero, parola, associazione e iniziativa
f. diritto al lavoro
g. retribuzione economica rapportata ai meriti
h. piena sovranità nella sfera etico-religiosa
i. Reddito Minimo Garantito (RMG)
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/12-i-diritti.html

Art. 14
La DD riconosce una «sovranità individual-popolare» distribuita come segue:
a. Nelle questioni etico-religiose la sovranità appartiene al singolo cittadino.
b. Nelle altre questioni la sovranità appartiene al popolo, che la esercita attraverso la figura del rappresentante e il voto di maggioranza.

Art. 15
Lo Stato deve prefiggersi i seguenti scopi primari:
a. Rafforzare nelle persone la fiducia nei propri mezzi e la volontà di contribuire all’autogoverno della propria comunità, ossia formare cittadini democratici.
b. Aiutare l’individuo a definire e a soddisfare i propri bisogni.
c. Garantire a tutti i cittadini l’effettivo esercizio dei diritti fondamentali.

Art. 16
La Repubblica:
a) crede nel cittadino e nelle sue capacità di contribuire efficacemente all’autogoverno del paese;
b) promuove i servizi che rispondano meglio ai bisogni dell’individuo;
c) non prevede partiti politici, né rappresentanti con delega in bianco;
d) ripudia la guerra e l’uso della forza in generale, e al disarmo totale;
e) favorisce la partecipazione diretta di tutti i cittadini alla politica, avvalendosi delle più sofisticate tecnologie;
f) si adopera perché tutti i cittadini possano accedere ai servizi telematici e, per coloro che non possiedono un computer, mette a disposizione appositi centri attrezzati a livello municipale;
g) è laica e aconfessionale, ma rispetta tutte le fedi e vigila affinché nessuna confessione religiosa prevarichi sulle altre;
h) stabilisce altresì che ciascuna comunità religiosa provveda autonomamente alle proprie necessità organizzative ed economiche;
i) è fondata sull’informazione;
l) punta alla realizzazione di un Mondo Unito, avente una Costituzione e una lingua comune, ma guarda con favore alle culture locali;
m) ha come scopo ultimo quello di realizzare una Cosmopoli a quattro livelli: Comune, Regione, Stato e Mondo.

Art. 17
L’informazione è considerata patrimonio imprescindibile del Popolo e i cittadini ne possono fruire con formula piena.

Art. 18
Qualunque cittadino può richiedere informazioni supplementari e personalizzate. In questo caso, il servizio è a suo carico.

Art. 19
Lo Stato esiste per il cittadino, di cui è uno strumento, e non viceversa.

Art. 20
Il principale attore della nazione è il «cittadino democratico», ossia il cittadino comune disposto a pensare con la propria testa, a partecipare al pubblico dibattito e ad assumersi responsabilità di ordine politico.

Art. 21
Ogni persona può diventare «cittadino democratico», a condizione di aver compiuto 16 anni di età e manifestare la relativa volontà, che potrà revocare in qualsiasi momento.

Art. 22
Al cittadino vengono richiesti doveri verso se stesso e verso gli altri, che consistono nel mettere a frutto i propri talenti e cooperare coi propri simili per il bene comune, almeno a livello municipale; meglio se anche a livello nazionale.

Art.23
Le risorse del territorio nazionale e dell’ingegno umano appartengono al Popolo, mentre al singolo Cittadino appartengono il diritto al RMG e i frutti del suo lavoro.

Art. 24
Lo Stato non dovrà limitarsi ad erogare un RMG, ma dovrà garantire a tutti i cittadini l’effettiva soddisfazione dei bisogni fondamentali e l’opportunità di divenire cittadini democratici.

Art. 25
Il Reddito Minimo Garantito (RMG) rende superflui il sistema previdenziale e gli ammortizzatori sociali.

Art. 26
Fino a quando non avrà raggiunto un determinato livello nell’iter formativo (a titolo orientativo, si potrebbe fissare il limite dei 16 anni), il cittadino è considerato minorenne e perciò non può esercitare pienamente il suo diritto alla libertà, né potrà accedere liberamente al mondo del lavoro e della politica.

Art. 27
Al compimento del 16° anno si formalizza, con un semplice rito pubblico, l’ingresso nel mondo degli adulti e, in quel momento, il cittadino dovrà dichiarare di accettare il «contratto» col Popolo, divenendo così titolare effettivo di tutti i diritti che la democrazia gli riconosce.
In caso di rifiuto, il cittadino decreta la sua esclusione da qualsiasi forma di partecipazione politica, ma conserva il diritto al RMG e al ripensamento.

Art. 28
I cittadini possono associarsi liberamente in gruppi di diverse dimensioni e tipologia (familiari, municipali, regionali, nazionali, multinazionali) e altrettanto liberamente possono recedere dal vincolo.


ISTITUZIONI

Art. 29
La Repubblica italiana è suddivisa in cento Regioni, ciascuna delle quali è a sua volta suddivisa in cento Comunità Locali.

Art. 30
Le principali istituzioni dello Stato DD sono dieci: cinque di natura politica, cinque di natura tecnica.
Le cinque istituzioni di natura politica sono: la CL, il Nodo Regionale (NR), il Nodo Statale (NS), la Commissione per le Relazioni Politiche ed Etiche (CRPE) e la Corte Costituzionale (CC).
Le cinque istituzioni di natura tecnica sono: la Commissione per le Risorse e la Demografia (CRD), la Commissione per le Attività Produttive e i Servizi (CAPS) e le Organizzazioni di Categoria (OC), l’Agenzia per l’Informazione (API), la Pubblica Amministrazione (PA).

Art. 31
La Comunità Locale (CL) è il luogo in cui i cittadini si incontrano, interagiscono, si intrattengono, si scambiano opinioni, si informano, discutono e deliberano.

Art. 32
Il Nodo Regionale (NR) è una struttura urbana ubicata all’interno di una CL (prescelta a sorteggio in virtù della sua posizione strategica) e dotato di spazi, personale e mezzi atti ad ospitare il gruppo di discussione regionale (GDR), che è composto da 100 membri, uno per ogni CL, fra i quali viene sorteggiato un Presidente che dura in carica un anno.

Art. 33
Il Presidente del GDR
a. stende l’ordine del giorno
b. garantisce il corretto svolgimento del processo deliberativo
c. rappresenta il GDR nel Nodo Statale (NS)
d. assieme al GDR, riceve ed elabora i dati provenienti dalle CL e amministra la giustizia per reati di pertinenza regionale.

Art. 34
Il Nodo Statale (NS) è una struttura urbana ubicata all’interno di una CL (prescelta a sorteggio in virtù della sua posizione strategica) e dotato di spazi, personale e mezzi atti ad ospitare il gruppo di discussione statale (GDS), che è composto da 100 membri, uno per ogni GDR, fra i quali viene sorteggiato un Presidente che dura in carico un anno.

Art. 35
Il Presidente del GDS
a. stende l’ordine del giorno
b. garantisce il corretto svolgimento del processo deliberativo
c. rappresenta la Nazione
d. assieme al GDS, riceve ed elabora i dati provenienti dai GDR e amministra la giustizia per reati di pertinenza nazionale.

Art. 36
La Comunità Locale (CL), il Nodo Regionale (NR) e il Nodo Statale (NS) operano di concerto e nel rispetto del principio di sussidiarietà.

Art. 37
La Commissione per le Risorse e la Demografia (CRD)
a. valuta la disponibilità delle risorse del territorio
b. controlla l’indice di natalità e l’andamento demografico
c. calcola l’ammontare del reddito minimo garantito (RMG) e della retribuzione relativa al primo livello lavorativo
d. provvede a formare cittadini democratici e figure genitoriali responsabili
e. organizza servizi in grado di sostituire validamente la famiglia in tutti i casi in cui qualche soggetto corra il rischio di subire danni irreparabili.

Art. 38
La Commissione per le Attività Produttive e i Servizi (CAPS)
a. provvede a rendere esecutive le norme di legge
b. presiede e coordina le Organizzazioni di Categoria
c. ordina le attività lavorative secondo il loro grado di complessità,
d. calcola l’aliquota fiscale
e. si occupa della riscossione e redistribuzione delle tasse.

Art. 39
Le Organizzazioni di Categoria (OC)
a. predispongono gli iter formativi dei propri membri
b. organizzano le diverse attività lavorative
c. stabiliscono un metodo di valutazione delle competenze professionali e della resa produttiva individuale, sia quantitativamente che qualitativamente
d. redigono un Albo dei lavoratori (AL), ordinato secondo le abilità specifiche di ciascuno
e. individuano i «migliori» di ogni Albo e, dopo aver accertato la loro disponibilità a ricoprire cariche pubbliche, li inseriscano automaticamente nelle liste di rappresentanza.

Art. 40
La Commissione per le Relazioni Politiche ed Etiche (CRPE) è una sorta di Parlamento formato da cento membri (uno per ogni Regione) avente le seguenti funzioni:
a. legifera in caso di urgenza o di eccezionalità, con necessità di successiva ratifica da parte del popolo
b. esprime pareri non vincolanti su questioni di ordine etico
c. sovrintende e agevola i rapporti fra cittadini e istituzioni
d. esercita il potere esecutivo su mandato imperativo dei cittadini
e. raggruppa le CL in «Nodi Regionali» e questi in un «Nodo Statale»
f. vigila sul regolare svolgimento dei processi deliberativi e affinché non si creino barriere fra i diversi Gruppi di discussione.

Art. 41
La Corte Costituzionale (CC) è un organo collegiale autonomo composto da un esiguo numero di probiviri (personalmente, proporrei un numero dispari, per esempio undici), che, attraverso un diritto di veto sulle singole norme di legge, garantiscono la corretta applicazione dei principi costituzionali e svolgono la funzione di guardiani della Costituzione.

Art. 42
L’Agenzia per l’Informazione (API) è un organo collegiale autonomo composto da tanti membri quanti sono le OC. Vengono prescelti per sorteggio da una rosa di candidati che occupano i vertici degli Albi dei lavoratori.
L’API
a. controlla l’operato di chi diffonda informazioni, soprattutto i mass media
b. svolge un servizio di informazione su richiesta, a pagamento.

Art. 43
La Pubblica Amministrazione (PA) o Burocrazia
La burocrazia dev’essere congegnata per funzionare in modo semiautomatico, avvalendosi di procedure affidabili e trasparenti e soprattutto della più moderna tecnologia digitale e del denaro elettronico. Il personale addetto è ridotto al minimo e i suoi principali compiti consistono nel presiedere e sorvegliare il corretto funzionamento degli automatismi e nel conferire il necessario apporto umano alla macchina.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/1-la-burocrazia.html


L’ESERCIZIO DEL POTERE POLITICO

Art. 44
Tutti i candidati rappresentanti devono essere selezionati tra gli iscritti negli Albi di categoria (iniziando dai primi in classifica e tenendo conto della disponibilità di ciascuno) e prescelti per votazione o per sorteggio.

Art. 45
I cittadini democratici partecipano alla politica preferibilmente attraverso la costituzione di gruppi di discussione locali (GDL), regionali (GDR) e statali (GDS) o in gruppi di discussione che operano nel Web.

Art. 46
Ogni GDL è presieduto e moderato da un Presidente che è nominato per elezione o sorteggio fra una lista di candidati composta da cittadini della stessa CL posizionati ai livelli più alti negli Albi dei lavoratori.

Art. 47
Il Presidente del GDL:
a. stende l’ordine del giorno
b. garantisce il corretto svolgimento del processo deliberativo
c. rappresenta il GDL nei Nodi Regionali
d. riceve segnalazioni da parte dei cittadini di eventuali situazioni problematiche, ma anche suggerimenti e proposte
e. si adopera affinché nessun cittadino rimanga scoperto nei propri bisogni
f. amministra la giustizia per i reati di pertinenza locale.

Art. 48
Il potere legislativo ordinario appartiene a tutti i cittadini, che lo esercitano attraverso i gruppi di discussione e il referendum continuo e lo attuano per mezzo dei loro rappresentanti con mandato imperativo responsabile e obbligo di rendicontazione.

Art. 49
Lo strumento ordinario di autogoverno è il processo deliberativo. Esso si articola nei seguenti punti:
a. presentazione di una proposta
b. discussione della proposta entro un arco di tempo prestabilito
c. presentazione della proposta emendata
d. votazione.

Art. 50
Il referendum è uno strumento di democrazia. Può essere indetto laddove almeno un GDR ne ravvisi la necessità. Non è previsto quorum.

Art. 51
a. Il processo deliberativo deve essere ordinato per temi e per tempi, e moderato, con modalità da decidere caso per caso.
b. Nel processo deliberativo decide la maggioranza.
c. Il processo deliberativo si applica solo alle questioni di pubblico interesse (costruire una scuola, carico fiscale, ecc.), ma non alle questioni che ineriscono la sfera privata (etica e religione).
d. In linea di principio, la votazione non pone termine alla discussione su un determinato tema.

Art. 52
Etica e religione attengono alla sfera privata e non sono soggette a voto di maggioranza.

Art. 53
La rappresentanza è prevista solo nei casi indicati dalla CRPE (vedi sotto) e sarà esercitata con le modalità e nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 44.

Art. 54
a. Al momento dell’assunzione del ruolo ogni rappresentante si impegna, davanti alla CRPE (vedi sotto), a raggiungere determinati obiettivi, nei tempi e nei modi prestabiliti, e concorda compensi, in caso di adempienza, e sanzioni, in caso contrario.
b. A cadenze prefissate, ogni rappresentante dovrà rendere conto del proprio operato, non solo alla CRPE (vedi sotto), ma anche agli elettori.
c. Alla fine del mandato, il rappresentante potrà essere rieletto per un numero di volte senza limiti predefiniti.


ORGANIZZAZIONE SOCIALE E SERVIZI

Art. 55
I Partiti
La DD ripudia i partiti politici: le loro funzioni vengono ereditate dai GDL e dai GDR.
http://studisudemocrazia-democrazia4.blogspot.com/2009/08/4-i-partiti.html

Art. 56
I Sindacati
La DD ripudia i sindacati: le loro funzioni vengono ereditate dai GDL e dai GDR.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/3-lorganizzazione-del-lavoro.html

Art. 57
Il Lavoro
a. Il lavoro è un diritto e lo Stato deve provvedere a renderlo effettivo.
b. Il mondo del lavoro si basa su contratti individuali (e non collettivi), che sono concordati fra l’amministratore delegato di un’azienda, grande o piccola che sia, e ciascun lavoratore. In ogni singolo contratto vengono specificati i termini del rapporto, gli obiettivi da raggiungere, il relativo compenso e le eventuali sanzioni.
c. Non è previsto alcun limite di età per il pensionamento.
d. Tutte le fasce di merito equipollenti nelle diverse categorie lavorative ricevono lo stesso trattamento economico.
e. Una variazione di reddito decisa per una qualsiasi categoria si applica automaticamente a tutte le altre categorie.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/4-lorganizzazione-del-lavoro.html

Art. 58
Eventi avversi e imprevedibili
Il cittadino dev’essere garantito nella salute e tutelato da eventuali rischi mediante formule assicurative obbligatorie per tutti.

Art. 59
Il denaro
Il denaro elettronico sostituisce la cartamoneta.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/4-il-denaro.html

Art. 60
Il Fisco
a. Sono previste due sole imposizioni fiscali: un’imposta diretta sul reddito ad aliquota unificata e una tassa per il sistema assicurativo obbligatorio proporzionata al reddito.
b. Il carico fiscale è aggiornato annualmente e nei casi di eventi eccezionali.
c. La riscossione delle imposte viene effettuata automaticamente e altrettanto automaticamente viene ripartito l’incasso fra le diverse istituzioni interessate, secondo parametri predefiniti o situazioni contingenti.
d. Non serve perciò presentare la dichiarazione dei redditi, né servono le consulenze di figure professionali (commercialisti, patronati).
e. Non serve nemmeno un’Agenzia delle Entrate.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/5-il-fisco.html

Art. 61
La Proprietà privata
a. La DD ripudia la proprietà privata intesa come bene patrimoniale trasmissibile ereditariamente a soggetti che non vi abbiano preso parte, perché ravvisa in ciò una delle principali cause di ingiustizia, infelicità, dolore, divisioni, contrasti, odi insanabili e guerre.
b. La DD è invece favorevole al possesso, ossia alla proprietà privata che derivi dal lavoro e dal merito.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/6-la-proprieta-privata.html

Art. 62
La Scuola
a. La scuola è il luogo preposto alla formazione civica e professionale dei cittadini, perciò la sua funzione è ritenuta fondamentale.
b. La DD si attiva perché il cittadino sia educato ad essere se stesso e a gestire responsabilmente le proprie libertà.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/7-la-scuola.html

Art. 63
La Televisione/Web
La DD vede nella Televisione interattiva e nel Web due potenti strumenti idonei a favorire i rapporti fra le persone e a fornire informazioni e servizi di pubblica utilità, e si adopera affinché essi siano messi a disposizione di tutti i cittadini.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/8-la-televisione-e-internet.html

Art. 64
La Sanità
a. La DD vede nella salute dei cittadini non solo una condizione di soddisfacimento dei bisogni della persona, ma anche la premessa imprescindibile per un buon funzionamento della società e dello Stato.
b. La DD vuole un servizio sanitario che sia fondato sulla raccolta, elaborazione e diffusione di dati, oltre che sulla ricerca, e, di conseguenza, impone a tutto il personale sanitario l’obbligo legale di seguire un metodo di lavoro, che sia riproducibile da un altro operatore e computerizzabile.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/9-la-sanita.html

Art. 65
La Famiglia
a. La DD considera la famiglia una risorsa fondamentale per le persone e, pertanto, la promuove e sostiene affinché possa svolgere le sue precipue funzioni.
b. Tuttavia, preso atto che non sempre la famiglia svolge adeguatamente le proprie funzioni e anzi talvolta arreca pregiudizio ai propri membri, la DD predispone adeguati servizi surrogatori della famiglia a tutela della persona.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/10-la-famiglia.html

Art. 66
La Sicurezza
a. Non basta che sia rispettata la legge o che siano sicuri i luoghi pubblici e i confini dello Stato.
b. La DD rinnega il principio secondo il quale, se è al sicuro lo Stato, è al sicuro anche la persona.
c. La DD vuole che, in nessun luogo, anche all’interno delle mura domestiche, un individuo sia, o si senta, minacciato, schiacciato, oppresso, insidiato nei propri diritti, nella propria integrità psico-fisica e nei propri beni. Il principio è che, se è al sicuro il singolo, sono al sicuro anche la famiglia e lo Stato.
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/11-la-sicurezza.html

Art. 67
La Giustizia
a. La giustizia viene amministrata a tre livelli (municipale, regionale, statale), rispettivamente dalla CL, dal NR e dal NS, nel rispetto del principio di sussidiarietà.
b. Le giurie sono nominate per sorteggio fra i cittadini comuni e sono presiedute da un esperto in pratiche giudiziarie, anch’egli nominato per sorteggio.
c. La giuria dovrà giudicare sia sulla base del diritto positivo, sia sulla base dei princìpi morali condivisi e del comune buon senso di cui si presume siano dotati tutti i cittadini.
d. La figura professionale dell’avvocato scompare.
e. I processi devono svolgersi in tempi brevi (mai più di un anno).
f. All’imputato vengono di norma concessi due gradi di giudizio, rispettivamente a livello municipale e regionale. Solo in casi particolari, che saranno valutati e riconosciuti dalla CRPE, si potrà accedere al terzo grado di giudizio, che è quello statale.
g. Le pene sono di tipo risarcitorio e riabilitativo: la reclusione è riservata a casi eccezionali.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/10-il-principio-di-giustizia.html

Art. 68
Il Federalismo
a. La DD guarda ai princìpi di decentramento e sussidiarietà con tale favore da promuovere un federalismo individualista, così chiamato perché pone le persone al posto delle istituzioni.
b. Non solo lo Stato non dovrà intromettersi in ciò che l’individuo sia in grado di fare da solo (sussidiarietà negativa), ma dovrà adoperarsi per metterlo in grado di fare autonomamente sempre più cose (sussidiarietà positiva).
http://studisudemocrazia-democrazia3.blogspot.com/2009/08/12-il-federalismo.html

Art. 69
La Libertà
La libertà è il principio connotativo della democrazia, a tal punto che, se anche un solo cittadino non fosse libero, un paese non potrebbe dirsi democratico.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/8-il-principio-di-liberta.html

Art. 70
La Forza
La DD aborrisce la guerra e ogni forma di ricorso alla violenza. L’unico principio di forza riconosciuto dalla DD è quello della persuasione.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/9-il-principio-di-forza.html

Art. 71
Il Diritto
Il diritto DD non si fonda primariamente sulla legge, né sulle istituzioni, ma sulla persona, e il suo scopo ultimo è favorire lo sviluppo psico-sociale del cittadino, iniziando dalla soddisfazione dei suoi bisogni (il sostentamento, l’istruzione, l’informazione, la salute, la libertà e la sicurezza).
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/11-il-diritto.html

Art. 72
Il Lavoro
Il lavoro è innanzitutto un diritto della persona, ma anche il mezzo attraverso cui l’individuo eleva il proprio status economico e il livello di benessere sociale.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/13-il-lavoro.html

Art. 73
Il Commercio
a) La DD favorisce lo scambio commerciale in tutte le sue forme, nella convinzione che ciò contribuisca a rispondere meglio ai bisogni delle persone.
b) Nello stesso tempo, essa si adopera allo scopo di rimuovere quelle condizioni e quegli strumenti che, in un modo o nell’altro, possano favorire la frode e la prevaricazione dell’uomo sull’uomo.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/14-il-mercato-commercio.html

Art. 74
L’Informazione
a. La democrazia non può attecchire in un popolo di analfabeti o dove non vi sia informazione libera e imparziale: conoscenza e informazioni non reticenti e veritiere sono imprescindibili strumenti di libertà e di partecipazione responsabile. Ne discende che un governo DD dovrà investire molto in questo settore.
b. L’informazione non deve essere appannaggio dei giornalisti di professione, ma deve essere consentita anche ai cittadini comuni.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/9-informazione-scienza-conoscenza-e-verita.html

Art. 75
La Tradizione
La tradizione è un prezioso punto di riferimento per le persone, ma il suo destino fisiologico è quello di essere superata dall’apporto creativo del soggetto pensante. Essa è importante sì, ma non tanto da dover essere considerata una verità eterna e meritare un rispetto sacro.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/15-la-tradizione-innovazione.html

Art. 76
La Religione
a. La DD lascia tutti liberi di aderire a qualunque dottrina religiosa o di professare l’ateismo, purché non pretendano di inculcare negli altri le loro idee e non determinino aggravio economico per lo Stato, ma, soprattutto, purché non presumano di essere portatori di verità assolute e immutabili.
b. La democrazia è messa in pericolo in tutti i casi in cui vi sia una tendenza alla dogmatizzazione della verità. La DD è il regno del relativo e dell’opinabile. Chiunque possieda, o ritenga di possedere, una verità assoluta è da ritenersi un pericolo per la democrazia.
http://studisudemocrazia-democrazia2.blogspot.com/2009/08/16-la-religione.html

2. Il popolo sa autogovernarsi?

Il fatto di aver negato la possibilità fisica di attuare un governo DD avrebbe potuto esimere gli studiosi dall’entrare nel merito della seconda questione, e cioè se sia bene affidare il governo al popolo (a che servirebbe, dato che la DD è comunque irrealizzabile?). Tuttavia, se ci si fosse limitati a dichiarare solo l’impossibilità materiale di realizzare la DD, si avrebbe dovuto coerentemente vedere nella DR solo un ripiego, un male minore e, dunque, un sistema politico non-ideale, e questo non poteva essere tollerato da pensatori di fede DR, i quali hanno ritenuto opportuno esprimere la propria opinione anche su questo tema. Sarà bene ricordare che qui siamo di fronte ad una critica non più formale, come la precedente, ma di principio: non è bene che siano le masse a decidere su questioni di pubblico interesse.

2.1. Il popolo è inetto?
È inutile negarlo: il popolo non ha mai goduto e continua a non godere una buona stima presso gli studiosi. Il cittadino comune non è in grado di assumersi responsabilità di autogoverno. Questa convinzione accomuna una folta schiera di studiosi di ogni epoca. Infatti, Platone, Aristotele, quasi tutti i teorici medievali, Hegel, i marxisti, i nazionalisti, gli elitisti e la gran parte dei politologi contemporanei sono concordi nell’affermare che i cittadini costituiscono una massa informe, una folla capricciosa e volubile, una plebe vuota e dormiente, un gregge ottuso e incapace di perseguire la propria felicità in assenza di una guida, che lo conduca per mano, come fanno i genitori coi loro piccoli. Questa tesi trova conferma e sostegno nella dottrina ebraico-cristiana, che propone il modello del Dio-padre e asserisce che, come il gregge ha bisogno del pastore, la nave del nocchiero, il bambino del padre e della madre, così i cittadini non sono in grado di autogovernarsi e devono ricorrere a rappresentanti.
Secondo Hegel, il popolo non sa quel che vuole, è incapace di autogovernarsi e dev’essere governato. Per Schumpeter, gli elettori sono incapaci di formulare giudizi critici ragionevoli sulle questioni politiche e, perciò, è bene che essi non assumano responsabilità politiche: «democrazia» non significa che il popolo governi realmente, ma soltanto che esso abbia l’opportunità di scegliere gli uomini che dovranno governarlo, i quali, allo scopo di accaparrarsi i voti necessari alla loro elezione, entrano fra loro in competizione, come se fossero degli imprenditori che lottano per conquistarsi le preferenze dei consumatori (elitismo competitivo). Secondo Schumpeter, il compito del popolo è quello di «produrre un governo», non di governare, e democrazia significa soltanto che il popolo ha l’opportunità di accettare o rifiutare gli uomini che dovranno governarlo. Gli elettori “devono capire che, dal momento in cui hanno eletto qualcuno, l’azione politica spetta a lui, non a loro” (1994: 281). In fondo, insiste lo studioso, il popolo altro non è che una massa di bambini capricciosi e irresponsabili, che devono essere tenuti a bada per evitare che combinino guai. Esso “non solleva né decide nessun problema, ma i problemi da cui il suo destino dipende sono normalmente sollevati e decisi per lui” (SCHUMPETER 1994: 252). Gaetano Mosca conferma questo assunto, sottolineando il fatto che il popolo non conta nulla e che, a ben guardare, non sono gli elettori che eleggono il deputato, ma “ordinariamente è il deputato che si fa eleggere dagli elettori” (1982: 476). Per Sartori, l’unico potere che si può accordare al popolo è quello di scegliere chi lo governerà. E si potrebbe continuare.
Montesquieu aveva detto che il popolo “deve fare direttamente tutto quello che è in grado di fare bene; e quello che non è in grado di fare bene, è necessario che lo faccia per mezzo dei suoi ministri” (Spirito delle leggi II,2). In altri termini, il popolo dovrebbe delegare ad altri soltanto ciò che non può fare da solo. “Oggi – osserva Bobbio – noi diciamo il contrario. Il popolo non può fare niente da solo, ma deve rimettere tutto ai suoi «ministri», ovvero ai suoi rappresentanti” (1999: 375). Il popolo non può fare niente da solo! Questa è la posizione dominante nelle DR.
Sono minoritari gli studiosi disposti ad indicare il sistema DD come “il più consono alla dignità umana” (GINER 1998: 4), anche se poi, quasi immancabilmente, avvertono che si tratta di un modello “difficile da mettere in pratica” (GINER 1998: 71), oppure allargano le braccia in un gesto di desolazione e osservano, delusi, che “la vittoria finale della democrazia non è ancora giunta e neppure è vicina” (DAHL 2000: 154).
La conseguenza di queste prese di posizione è scontata: non c’è miglior governo della DR. Secondo Sergio Fabbrini, la DR è non solo necessaria, dal momento che “non vi é (né vi può essere) una democrazia senza una guida” (1999: 5), ma anche la migliore delle democrazie possibili, perché “quando il potere decisionale è diffuso, quando tutti sono responsabili della decisione governativa, allora è evidente che nessuno lo è” (1999: 9). Il governo rappresentativo è, secondo Luciano Canfora, “il solo sotto cui ci sia possibile oggi trovare un po’ di libertà e un po’ di pace” (2006: 86). Pur riconoscendo che la DR è in pericolo, Ralf Dahrendorf afferma che essa “non ha perso né la sua forza né il suo diritto” e sentenzia: “Vale la pena di rivitalizzarla e rafforzarla” (2005: 325). È diffusa, dunque, la convinzione sia dell’assoluta impossibilità di realizzare una democrazia diretta, sia della sua non convenienza. E allora, riproponiamo la domanda: può il cittadino comune assumersi responsabilità di autogoverno? Davvero il popolo è incapace di autogovernarsi?

2.2. Il popolo potrebbe farcela?
In verità, a queste autorevoli e massicce attestazioni di sfiducia nel popolo non si possono opporre che poche e deboli controargomentazioni.
Dall’unico, importante esempio storico di DD, quello dell’antica Atene, emerge che dei cittadini comuni hanno saputo autogovernarsi senza sfigurare nei confronti di altre, più consolidate, forme di governo. Quella di Atene però fu una DD anomala e, poiché dopo di questa non ve sono state altre, non ci è possibile sapere se, in una ipotetica DD compiuta, il cittadino comune sia in grado di autogovernarsi. Tuttavia, non esistono nemmeno prove contrarie.
Tutte le evidenze scientifiche ci dicono che la natura umana è una, che la struttura chimica e fisica dei nostri corpi è uguale per tutti, che le differenze biologiche fra gli individui sono contenute, mentre molto più rilevanti sono le differenze culturali, cioè quelle create ad arte dagli stessi uomini. A questo proposito, mi piace citare un’indovinata osservazione di Antony Appiah. “I nostri progenitori – osserva lo studioso – erano «umani» già in tempi remotissimi. Se un viaggiatore del tempo tornasse indietro di quarantamila anni, rapisse una neonata qualunque e la affidasse ad una normale famiglia newyorkese, a diciotto anni questa bambina sarebbe pronta per andare all’università. […] E sarebbe irriconoscibilmente diversa dalle sorelle e dai fratelli che ha lasciato indietro” (2007: VII). Anche se forse molti troveranno discutibile la posizione di Appiah, essa esprime lo stato attuale delle nostre conoscenze scientifiche: le differenze fra i singoli uomini sono legate più all’educazione che a fattori biologici.

2.2. Berlusconi insegna
Quando, il 26 gennaio 1994, il Cavaliere Silvio Berlusconi, 57 anni, lasciava la presidenza di Fininvest ed entrava in politica, era un cittadino come tanti, nel senso che non era un professionista della politica. “Infatti, esaminando il suo percorso personale e professionale, troviamo Berlusconi impegnato con successo in molteplici attività – imprenditore edile, creatore e leader della televisione commerciale italiana, editore, presidente di una delle più rinomate squadre di calcio – ma nessuna che possa definirsi propriamente politica, neppure in senso lato” (CAMPUS 2006: 135). A distanza di quindici anni, che lo hanno visto protagonista assoluto nella scena politica italiana, Berlusconi non solo ha risposto con successo alle aspettative degli elettori, ma il suo operato è stato tale da indurre qualcuno a definirlo «uomo di Stato» (GIANNINI 2008).
Senza voler entrare nel merito della questione, mi limito ad osservare che, se un cittadino come tanti può entrare per la prima volta in politica in età matura e interpretare un ruolo da primadonna, ciò prova che qualunque cittadino è potenzialmente un buon attore politico, a condizione che gli si consenta di esprimersi in tal senso. Certo, non siamo di fronte ad una prova inoppugnabile da addurre contro la tesi che l’uomo è incapace di autogovernarsi, dal momento che, come già detto, in nessun caso è stato realizzato un governo pienamente DD. Tuttavia, non esistono nemmeno prove contrarie.
Inoltre, il più delle volte, le decisioni politiche non implicano necessariamente competenze tecniche, ma intelligenza e buon senso, che sono distribuite nelle persone indipendentemente dall’istruzione. Possiamo, dunque, dar credito a Thomas Benedikter quando afferma: “Non c’è motivo per desumere che ci siano élite politiche di per sé più capaci di giudicare questioni politiche rispetto al cittadino comune” (2008: 99).

2.3. Le due alternative
Oggi, come ieri, ci sono sul campo due alternative possibili: o si crede nel cittadino comune e si scommette che, se opportunamente educato, egli possa farcela, oppure si stabilisce che esso è radicalmente inetto (o non degno) e, in questo caso, si deve reputare inutile una sua eventuale educazione alla democrazia. Nel primo caso, possiamo credere che abbiamo i mezzi sufficienti per procedere sulla strada che conduce alla DD, nel secondo caso, la massima aspirazione possibile per noi rimane la DR. Bisogna scegliere fra queste due vie. È solo una questione di fiducia, e insieme una scommessa.
Ma prima di scegliere sarà bene ponderare le conseguenze della scelta. Se scommettiamo sul popolo, non ci resta che predisporre un eccellente sistema educativo, atto a formare cittadini democratici, i quali, possiamo sperare, non faranno mancare il proprio contributo nell’organizzazione politica della società. Se scommettiamo contro il popolo non dobbiamo far nulla, possiamo lasciare le cose così come sono e tenerci la società duale che già abbiamo, dove solo una minoranza di cittadini decide e governa e tutti gli altri sono esclusi, come se gli uomini appartenessero a due nature distinte: una di serie A, l’altra di serie B. Ma è proprio questo il punto.
Sappiamo che non ci sono prove certe a giustificazione di una società duale naturale e tutto lascia credere che siamo noi i principali artefici delle nostre differenze. È questa la principale ragione che dovrebbe indurci a scommettere sul popolo: la constatazione che, se prescindiamo dallo status familiare, è impossibile riconoscere differenze di rango nei neonati, è impossibile cioè stabilire chi, fra due neonati scelti a caso, diventerà un cittadino di serie A e chi di serie B. Nei neonati prevale l’indifferenziazione: tutti si somigliano e sono, almeno sembrano, della stessa serie. Perché allora non concedere a tutti le stesse opportunità? Perché non tentare di farne dei cittadini democratici, capaci di pensare con la propria testa? Non c’è alcuna ragione valida per non farlo.
L’alternativa è non solo la perpetuazione della società duale e l’esclusione del popolo dalle decisioni di interesse generale, ma anche un enorme spreco di talenti e di capitale umano. Perché puntare solo sui figli di «buona» famiglia e non coltivare invece le potenzialità di ogni singolo cittadino? Perché rinunciare all’apporto di milioni di persone? Questo davvero non possiamo permettercelo, proprio oggi che l’umanità si trova di fronte a problemi che richiedono il massimo impegno da parte di tutti.
Poiché non vi sono ragioni valide per negare le pari opportunità a tutti, a mio giudizio, quanti scommettono contro il popolo e continuano a distinguere pregiudizialmente i cittadini in due classi e ad insistere sulla necessità della rappresentanza, danno adito al dubbio che siano in mala fede. E qui, per il momento, mi fermo.