martedì 1 settembre 2009

9. I fattori della democrazia

Nel post precedente abbiamo visto che ci sono sufficienti ragioni per credere nella DD. Ne consegue che questo modello politico è fattibile e desiderabile al tempo stesso. Ma perché esso venga proficuamente attuato occorre avere conoscenza di tutti quei fattori che possono favorirlo o ostacolarlo.
Ebbene, dopo aver passato in rassegna i principali fondamenti ideologici della democrazia e descritto gli elementi strutturali del modello DD, è giunto il momento di interrogarci su chi (o cosa) possa avere ricadute (positive o negative) sulla democrazia stessa, sui fattori cioè che possono favorire o ostacolare il processo democratico, nella convinzione che solo un’adeguata conoscenza di questi fattori può consentirci di realizzare in modo soddisfacente il nostro progetto.

9.1. Fattori pro democrazia
In generale, i fattori che favoriscono la democrazia sono riconducibili a tutto ciò che promuove il singolo individuo, lo fa crescere e lo migliora, rendendolo più esperto, più capace, più maturo, più autonomo, più indipendente, più utile per sé e per gli altri. Tutto ciò che si muove nella direzione di “migliorare la capacità dei cittadini di impegnarsi in modo intelligente nella vita politica” (DAHL 2000: 197) giova alla democrazia. Tra i principali fattori pro individuo possiamo annoverare: un elevato livello economico generale e individuale, una scuola di qualità, il libero accesso all’informazione, la giustizia sociale, le religioni non dogmatiche, il relativismo, il laicismo, condizioni tecniche adeguate, assenza di una logica di potere, una classe media il più estesa possibile e un’adeguata sensibilizzazione delle masse.
Un elevato livello economico generale rende possibile l’erogazione di servizi di alta qualità, primi fra tutti l’informazione, la scuola, la ricerca e la corresponsione di un buon reddito minimo garantito (RMG).
Un adeguato livello economico individuale acquisito attraverso il lavoro libera le persone dalla preoccupazione per la sussistenza e le rende disponibili per la crescita culturale e la partecipazione politica.
Una scuola di qualità non deve limitarsi a trasmettere abilità sociali e lavorative, ma deve anche formare cittadini democratici.
Il libero accesso alle informazioni dev’essere ritenuto un diritto fondamentale del cittadino.
La giustizia sociale, ovvero l’abrogazione dei privilegi, riducendo al minimo le esigenze di ricorrere alla forza per risolvere le controversie, contribuisce a suscitare e a consolidare nei cittadini il desiderio di contribuire a tenere alto il tenore morale del paese.
Tra i fattori che potrebbero favorire la democrazia vanno ricordate le religioni non dogmatiche, che concedono ai fedeli la facoltà di leggere e interpretare soggettivamente le Sacre Scritture o che favoriscono la creazione di uno spazio politico pienamente umano, “sostanzialmente indipendente da ogni prospettiva teleologica e da ogni legame con la trascendenza” (COTTA 2002: 163).
Le religioni non dogmatiche vanno a braccetto con il relativismo con il laicismo. “La democrazia – osserva Michelangelo Bovero – è laica o non è democrazia” (2000: 38). In democrazia, chi affermasse di essere l’unico depositario della verità verrebbe considerato un pericolo pubblico, la verità democratica essendo nella discussione, non nel dogma, ed essendo posseduta da chi, in un dato momento, sia riuscito a persuadere l’altro con la forza delle proprie argomentazioni.
La tecnologia digitale può certo giovare alla causa della democrazia, agendo a più livelli, in particolare, favorendo la diffusione dell’informazione e la comunicazione paritaria, ma è necessario ricordare che essa è solo uno strumento e, in quanto tale, non è sufficiente a creare democrazia. Come non basta dare a tutti un’automobile per creare un popolo di automobilisti, perché, senza un’adeguata rete stradale e un’opportuna formazione, rischieremmo il caos e incidenti a raffica, allo stesso modo non basta collocare un computer in ogni casa per formare cittadini democratici e generare democrazia. La tecnologia digitale può giovare alla causa della democrazia a più livelli, in particolare, favorendo la diffusione dell’informazione e la comunicazione paritaria e creando condizioni tecniche (moneta elettronica, referendum continuo, ciberspazio) tali da consentire la reale attuazione di un sistema DD locale e planetario. In precedenza abbiamo avuto modo di parlare dell’importanza per la democrazia della moneta elettronica e del referendum. Qui approfitto per illustrare il ruolo del ciberspazio.
Le migliori condizioni sociali, economiche, culturali e tecnologiche non bastano per decretare l’affermazione della democrazia: bisogna anche volerla. Ma chi può desiderare la DD? Nell’antica Atene le abitazioni private erano tutte di modeste condizioni, comprese quelle dei cittadini più facoltosi, e, a parte i templi, le poche strutture relativamente grandiose erano quelle ad uso pubblico: i teatri, le sedi per i giochi panellenici, i ginnasi, i tribunali. Questa assenza di una logica di potere ha certamente contribuito all’affermazione della democrazia ad Atene. Infatti, può desiderare la DD solo chi non ha dei privilegi da difendere e chi non è animato da volontà di potere.
Ma chi è costui? Tipicamente, è un membro della classe media, uno che non aspira a posizioni di dominio e, nello stesso tempo, non teme di scivolare tanto in basso da essere inghiottito nel vortice della miseria. Solo chi non nutre ambizioni di potere ed è abbastanza lontano dalla miseria per aver paura di rovinare, solo lui può provare un’attrazione operosa per l’idea democratica, solo lui può lottare per una società più giusta e migliore. La DD è favorita dunque dalla presenza di una classe media il più estesa possibile.
Occorre infine un’adeguata sensibilizzazione delle masse ai valori democratici e un servizio formativo di alto profilo, e ciò non può venire che dall’esterno e dall’alto, in particolare dallo Stato e dall’iniziativa di grandi personaggi; ma può funzionare solo se trova cittadini disponibili a fare la propria parte. Alla fine, come osserva Fabbrini, “una democrazia nuova può nascere solamente da una relazione virtuosa tra mobilitazione dal basso e riforma dall’alto” (1997: 27-8).
A queste condizioni, la democrazia potrebbe costituire un’idea attuabile, ed è possibile immaginare una società dove “i cittadini non solo saranno capaci di scegliere chi li governa, come hanno sempre fatto, ma potranno anche partecipare maggiormente e in modo più diretto alla politica determinando essi stessi le leggi e le strategie di governo” (GROSSMAN 1997: 8). Il futuro della democrazia dipende, in definitiva, dalla volontà dei singoli cittadini di imparare a muoversi in un sistema complesso di informazioni e conoscenze, ma anche dal nobile gesto di qualche uomo potente, che, mettendo da parte i suoi interessi materiali, si senta solleticato dall’idea di poter passare alla storia come il pioniere illuminato di un mondo nuovo.

9.2. Fattori anti democrazia
Secondo Huntington, “la povertà è probabilmente il principale ostacolo allo sviluppo democratico” (1995: 324). Ma forse ciò è vero solo in parte. Il più delle volte, infatti, i poveri vivono in così misere condizioni da non poter prestare attenzione a quanto esula dai propri bisogni primari. Spesso per loro la «democrazia» è solo un termine privo di significato. Essi certamente non favoriscono la democrazia, come sarebbe nel loro interesse, ma nemmeno la contrastano.
Più che dalla povertà, la democrazia potrebbe essere ostacolata dall’ingiustizia sociale e da ciò che ne consegue, come i forti contrasti indigenza/ricchezza e ignoranza/sapere, che si traducono nell’impossibilità di esercitare i propri diritti per una parte della popolazione, oppure nel dominio dell’uomo sull’uomo.
A mio parere, chi ha davvero interesse a ostacolare l’affermazione della democrazia sono uomini ricchi e potenti, grandi imprenditori, monopolisti, personaggi politici, esponenti dell’alta finanza, affaristi, faccendieri, speculatori, ma anche professionisti, alti prelati e tutti coloro per i quali l’avvento della democrazia potrebbe rappresentare la fine dei privilegi. Se i poveri si disinteressano della democrazia, i ricchi le si oppongono con fermezza e pervicacia e, poiché dispongono di abbondanti strumenti culturali ed economici, di norma sono in grado di raggiungere i loro scopi, anche attraverso l’elaborazione di adeguate ideologie e l’attuazione di politiche ad hoc. In pratica, sono loro i più pericolosi nemici della democrazia.
Quando parlo di «ricco», non mi riferisco a chi ha tanti soldi da potersi permettere tutto ciò che desidera e fare una bella vita. Mi riferisco piuttosto a chi non è mai pago, a chi non mira solo a fare una vita agiata, a chi non si accontenta di disporre di ogni bene, ma vuole anche a stupire, a chi non vuole solo ampliare il suo patrimonio, ma anche il potere, a chi non basta vivere senza affanni, ma vuole la gloria, il dominio, la soggezione dei propri simili, l’onnipotenza. Il ricco è chi si comporta da autocrate, da despota, da superuomo, da semidio, da mito vivente. Nella società duale DR egli incarna la figura del cittadino di alto rango, che, se a parole propugna i diritti fondamentali dell’uomo e l’uguaglianza di fronte alla legge, di fatto non si accontenta di essere come gli altri, vuole essere superiore agli altri, superiore perfino alla legge. Nella società, questo ricco ricorda la cellula tumorale, che si moltiplica senza controllo e senza tenere conto delle altre cellule, fino a decretare la morte dell’organismo che la ospita e, di conseguenza, anche di se stessa. Di fatto egli è la negazione vivente dei valori democratici, primo fra i quali la pari dignità delle persone. Sì, il ricco è incompatibile con la democrazia.
Il caso Berlusconi ci offre un illuminante esempio dell’uomo ricco di cui stiamo parlando. Prima di entrare in politica, B. era un imprenditore di successo, aveva denaro in abbondanza e controllava alcuni importanti mezzi di informazione. La gente lo guardava con un misto di invidia, simpatia e fiducia, e faceva ragionamenti di questo tipo: «I politicanti di professione entrano in politica perché vogliono arricchirsi, perciò governano pensando ai propri interessi e sono particolarmente sensibili alla corruzione. Berlusconi, invece, essendo già ricco e soddisfatto, governerà nell’interesse generale». Com’era facile immaginare, i fatti hanno smentito questo assunto, dimostrando che, in questi ultimi anni, B. non solo ha incrementato considerevolmente il suo patrimonio, ma al potere economico ha aggiunto anche quello politico (esecutivo e legislativo), ampliando nel contempo quello dell’informazione, che già deteneva in parte. L’unico potere che gli manca per l’en plein è quello giudiziario, che la Costituzione ha volutamente tenuto separato dagli altri poteri per garantire la democrazia, ma B. sta facendo di tutto per controllare anche questo, e non ci vuole molto per capire che, quando tutti i poteri saranno nelle sue mani, la democrazia sarà finita.
La democrazia è condizionata negativamente anche dalla bassa fiducia nel cittadino comune, ossia dalla convinzione che sia inutile educarlo all’autonomia e sia preferibile trattarlo da bambino. La disinformazione, l’ignoranza, un sistema scolastico mediocre, un’ideologia che favorisca l’ignoranza e la miseria, sono altrettanti ostacoli per la democrazia.
La democrazia è minacciata dalle religioni dogmatiche e assolutiste. Infatti, “Democrazia e verità assoluta, democrazia e dogma, sono incompatibili” (ZAGREBELSKY 2008: 123). Secondo il Manifesto Laico, “la Chiesa non è e non può essere democratica” dal momento che al posto del cittadino sta il fedele, dell’assemblea il gregge, della libera coscienza l’obbedienza (MARZO, OCONE 1999: 46). E non posso che essere d’accordo. Per di più, come ci insegna la memoria storica, “imporre l’idea di una verità universale non può che portare a un bagno di sangue” (APPIAH 2007: 147). Anche se tutti i cittadini di uno Stato, meno uno, professassero una certa fede religiosa, se quello Stato fosse veramente democratico, dovrebbe rispettare la posizione di quell’unico cittadino non-religioso. Infatti, osserva Michelangelo Bovero, “La democrazia è laica o non è democrazia” (2000: 38).
Alla causa della democrazia nocciono anche le ideologie collettiviste, che diffondono l’idea che il gruppo, l’azienda, l’impresa, l’istituzione, l’ordine gerarchico, la patria valgano più del singolo, enfatizzano la superiorità dei doveri sui diritti ed esaltano il sacrificio individuale alla ragion di gruppo. Ebbene, un individuo che consideri un valore il proprio sacrificio per una qualsiasi causa a lui esterna tenderà a mettere al primo posto l’aggregazione e il conformismo piuttosto che la promozione di se stesso, il partito piuttosto che la partecipazione diretta, la DR piuttosto che la DD.
Alla democrazia si oppone anche l’atteggiamento rinunciatario di chi ritiene l’impresa della sua realizzazione pregiudizialmente impossibile, come Dahl: “Perfino supponendo che ognuno desideri sinceramente la democrazia, una soluzione formalmente perfetta sembra estremamente difficile da raggiungere” (2000: 97); oppure Dunn: “siamo diventati tutti democratici, in teoria, proprio in quella fase storica in cui in pratica ci è diventato virtualmente impossibile organizzare ancora la nostra vita sociale in maniera democratica” (1983: 53). Chi dichiara un pessimismo radicale nei confronti della democrazia non ne favorisce di certo l’affermazione.

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